L’omicidio di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, il leader della Curva Nord della Lazio assassinato ad agosto a Cinecittà “non è un omicidio di strada”. È al contrario “un omicidio strategico, funzionale al riassetto di alcuni equilibri criminali non solo di Roma; ha una certa matrice ed è stato eseguito con una metodologia seria: su questo abbiamo una serie di attività investigative in corso”. A spiegarlo davanti ai deputati della commissione parlamentare Antimafia è stato Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma e attuale reggente dell’ufficio inquirente capitolino. “Stiamo lavorando cercando di di individuare le responsabilità”, ha spiegato il magistrato aggiunge che sulla figura di Piscitelli “avevamo già lavorato: era l’indagato principale di una richiesta cautelare avanzata al gip in tempi antecedenti all’omicidio in una operazione che ha portato all’esecuzione di provvedimenti restrittivi nei confronti di 50 persone per traffico di stupefacenti dove era disegnata una parte della mappa del traffico di stupefacenti nella capitale”. Il ruolo di Diabolik, ha spiegato Prestipino “non era secondario, era importantissimo, principale. Era un ruolo di mediatore sia nell’approvvigionamento di molte piazze di spaccio romane che nella garanzia di certi equilibri tra le diverse piazze di spaccio. Stiamo lavorando cercando di individuare le responsabilità. Ci stiamo avviando alla conclusione dell’indagine”.

L’audizione di Prestipino è stata dedicata soprattutto alla presenza dei clan a Latina e i rapporti tra criminalità organizzata e la politica locale. Proprio ieri, tra l’altro, è stata arrestata Gina Cetrone, ex consigliera regionale del Pdl tra il 2010 e il 2013 e che si definiva sui social coordinatrice regionale di Cambiamo!, il movimento di Giovanni Toti. Con lei sono finiti in cella tre esponenti dei Di Silvio – Armando, Gianluca e Samuele – e il suo socio e marito Umberto Pagliaroli. Le accuse, a vario titolo, sono di estorsione, atti di illecita concorrenza e violenza privata, aggravati dal metodo mafioso. “Al di là dei fatti singolarmente contestati su questo territorio è emerso, in linea di massima, un utilizzo degli uomini del clan di Silvio per attività di campagna elettorale con un vero e proprio prezzario (servizio di attacchinaggio, di vigilanza sui manifesti affissi e di altri servizi collegati alla campagna elettorale) e, l’aspetto più grave, una vera e propria compravendita di voti curati da componenti di clan di Silvio per conto di alcuni candidati. L’ordinanza di stamattina è il risultato di questa prima attività. Abbiamo ipotizzato e fin qui abbiamo avuto conferma da parte dei giudici che il clan Di Silvio sia una associazione di tipo mafioso e non una semplice associazione a delinquere. Sono stati intessuti rapporti con la politica locale che sono rapporti con che avvantaggiano il clan e chi si serve del clan”, ha spiegato Prestipino.

Ma l’attaccanaggio non è l’unico legame tra politica e clan nel Sud Pontino. “C’è poi un altro aspetto – ha continuato il procuratore capitolino – è quello della vera e propria compravendita di voti curati dai componenti del clan Di Silvio. Abbiamo raccolto, abbiamo iniziato a fare e stiamo facendo un lavoro di ricollocamento di tutti gli elementi che abbiamo e di riscontro puntuale di ogni singolo pezzo. Ogni indicazione e ogni pezzo di dichiarazione dei collaboratori sarà sottoposta a verifica se ci saranno riscontri procederemo secondo il tipo di reati”. Sotto la lente degli investigatori ci sono le elezioni politiche che si sono svolte nel febbraio 2013, le elezioni del sindaco di Latina del giugno 2016, le elezioni a sindaco di Latina del maggio 2011, le elezioni del sindaco di Terracina del giugno 2016 e altre vicende che riguardano minacce ad amministratori locali. Durante l’audizione è emerso infine che alcuni collaboratori di giustizia hanno dichiarato che la curva del Latina calcio ha visto uno spostamento di voti da un candidato ad un altro relativamente alle elezioni regionali del 2013: “I collaboratori – ha detto Prestipino – hanno riferito che personaggi erano legati a gruppi criminali che già in passato si erano occupati della gestione di alcune campagne elettorali”.
A Palazzo San Macuto Prestipino ha tracciato una sorta di mappa dei clan del Sud Pontino. “Ci sono insediamenti di sodalizi mafiosi di derivazioni dalle mafie tradizionali, in particolare gruppi di camorra come i casalesi, e di ‘ndrangheta. Questo territorio da altrettanti anni è teatro della presenza e operatività di gruppi criminali autoctoni che al di là della configurazione giuridica” ossia se si tratti “di associazioni mafiose o semplici associazioni criminali, hanno costituito un ulteriore motivo di allarme e preoccupazione”. Secondo il magistrato la proliferazione di clan della zona è dovuta al fatto che “sul territorio pontino le condizioni di isolamento geografico, le difficoltà di organizzazione della presenza dello Stato in tutte le sue articolazioni, ha determinato un humus che ha favorito il rafforzamento di organizzazioni mafiose e di gruppi criminali di tipo autoctono”. Agli atti degli inquirenti ci sono anche le denunce “del Consiglio e dell’Ordine degli avvocati di Latina” per forme di “intimidazione, estorsione ed aggressione ad alcuni studi legali. È un fatto molto grave, che”non ha funzione predatoria ma di intimidazione sulle modalità di esercizio delle funzioni difensive; la libertà di esercizio di difesa è uno degli indici di democraticità, se il gioco democratico viene aggredito c’è da preoccuparsi”, ha continuato il procuratore aggiunto.