Visualizzazione post con etichetta USTICA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta USTICA. Mostra tutti i post

lunedì 4 settembre 2023

                                                              USTICA 43 ANNI


L'EX MARESCIALLO GIUSEPPE DIOGUARDI, IN SERVIZIO LA NOTTE DEL 27 GIUGNO 1980, QUANDO PRECIPITÒ IL DC9 ITAVIA, RACCONTA: "TUTTI SAPEVANO COSA ERA SUCCESSO, MA È STATO ORDINATO LORO IL SILENZIO. NEI CIELI ITALIANI C'ERANO UN AEREO LIBICO E UNO FRANCESE. LO CERTIFICANO TANTISSIMI DOCUMENTI CLASSIFICATI" - DIOGUARDI CONSEGNÒ ALL'ALLORA MINISTRO DELLA DIFESA, GIOVANNI SPADOLINI, IL RAPPORTO DEL SISMI SULL'INCIDENTE: "SBATTÉ I PUGNI SUL TAVOLO, ERA INFURIATO. QUEL DOCUMENTO ERA..."



00:00
/
01:48



GIUSEPPE DIOGUARDIGIUSEPPE DIOGUARDI

(ANSA) - Si chiama Giuseppe Dioguardi e quella notte d'estate del 1980, quando un Dc9 precipitò in mare sui cieli di Ustica, aveva appena 19 anni, uno tra i più giovani in servizio nella sala operativa della Prima regione aerea a Milano. Ricorda tutto di quei momenti, le comunicazioni, i messaggi, la tensione e l'allarme.

 

Oggi, a distanza di 43 anni dalla strage costata la vita a 81 persone, l'ex maresciallo dell'aeronautica torna a parlare, come aveva già fatto nel 2013, dopo essere stato sentito dai magistrati ma, soprattutto, dopo essersi 'liberato' del nullaosta di sicurezza che non gli consentiva, in quanto militare, di poter parlare di quello che era successo quella notte. "Finalmente anche Amato conferma quanto dissi io stesso dieci anni fa", dice intervistato dall'ANSA aggiungendo che "i documenti dell'epoca ci sono ancora, bisognerebbe solo saperli cercare nel modo corretto".

 

usticaUSTICA

Oggi Dioguardi ha 62 anni e una vita passata in divisa. Una carriera militare lunghissima che più volte si è intrecciata al caso Ustica, sin da quel 27 giugno del 1980, quando ha seguito minuto per minuto quanto stava accadendo sui cieli italiani. "Quella notte in volo c'erano i due Mirage e un Tomcat - ricorda -, i nostri lo avevano segnalato ma è stato dato l'ordine di silenzio assoluto. Un silenzio ripagato in alcuni casi con avanzamenti di carriera fuori dal comune e promozioni mai viste. Quando sento che Tricarico dice di sentirsi sotto attacco, vorrei ricordare che all'epoca era al terzo reparto dello Stato maggiore, quello cioè che viene informato di qualsiasi velivolo o transito. Non poteva non sapere".

 

GIOVANNI SPADOLINIGIOVANNI SPADOLINI

Negli anni successivi ha lavorato nelle segreterie di numerosi ministri della Difesa, compreso Giovanni Spadolini, al quale consegnò personalmente il rapporto del Sismi sull'incidente. "Lo aveva chiesto lui che fossi io a portarglielo, si fidava ciecamente di me - racconta -. Ricordo ancora la sua espressione, sbatté i pugni sul tavolo, era infuriato. Io stesso lessi quel documento, di sette-otto pagine. Era l'aggiustamento della verità da parte degli ufficiali ordinata da qualcuno molto in alto".

 

L'ex maresciallo, oggi in pensione nella sua Bari, ripercorre la notte della strage, fin dalla prima segnalazione sulla presenza di voli cosiddetti speciali sui cieli d'Italia, "sulla rotta che portava dalla ex Jugoslavia alla Libia". "Si alzarono in volo i caccia intercettori da Grosseto, su input del centro Radar di difesa aerea di Poggio Ballone, che lanciarono l'allarme - ricorda -, poi ricevettero l'ordine di rientrare".

 

itavia 2ITAVIA 2

A bordo dei due F-104 c'erano Mario Naldini e Ivo Nutarelli, i due piloti delle Frecce Tricolore morti nel 1988 in un incidente durante una manifestazione a Ramstein, in Germania. Una delle tanti "morti sospette", come sottolinea Dioguardi, che il caso Ustica si porta dietro. "Quando venne fornito all'epoca l'elenco su chi avesse informazioni sulla strage di Ustica - sottolinea -, l'unico ancora in vita ero io. Gli altri erano tutti morti o per cause naturali o per strani incidenti".

 

GIULIANO AMATO - INTERVISTA A REPUBBLICA SULLA STRAGE DI USTICA - 2 SETTEMBRE 2023GIULIANO AMATO - INTERVISTA A REPUBBLICA SULLA STRAGE DI USTICA - 2 SETTEMBRE 2023

Sta di fatto che oggi le parole di Giuliano Amato hanno riaperto di nuovo il caso e da più parti si è alzato il coro per cercare i documenti che accertino quanto sostenuto dall'ex premier. "Ci sono tantissimi documenti classificati - spiega Dioguardi -, come quelli che certificano la presenza di un aereo libico e uno francese quella notte". Entrambi i velivoli, infatti, si sarebbero fermati a far rifornimento di carburante in due aeroporti italiani, come certificherebbero alcuni verbali.

 

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

"Ma esistono anche i messaggi classificati, come i tantissimi telegrammi inviati e arrivati quella notte, la cui copia non può essere distrutta - conclude Dioguardi -. E quel giorno tutti sapevano cosa era successo, ma è stato ordinato loro il silenzio". Un silenzio che creò quel "muro di gomma" sul quale oggi potrebbe essersi formata, finalmente, una crepa.

itavia 1ITAVIA 1GIULIANO AMATOGIULIANO AMATOitaviaITAVIA

lunedì 26 giugno 2023

               

DOPO 43 ANNI LA VERITÀ SU USTICA PUÒ ARRIVARE SOLO DALLA FRANCIA – LA SERA DEL 27 GIUGNO 1980, QUANDO IL DC9 ITAVIA FU ABBATTUTO, AEREI MILITARI DECOLLATI DALLA BASE FRANCESE DI SOLENZARA VOLARONO SUL TIRRENO: FURONO RILEVATI DAI RADAR E NON C’ERA ALCUNA ESERCITAZIONE - UNO SCENARIO CHE COSSIGA CONFERMÒ DAVANTI AI GIUDICI: UN MISSILE SPARATO DAI FRANCESI AVREBBE COLPITO L’AEREO ITALIANO PER SBAGLIO - IL VERO BERSAGLIO ERA UN MIG SU CUI VOLAVA GHEDDAFI - L’INCHIESTA BIS, VERSO L’ARCHIVIAZIONE, PUNTA SUI SILENZI DI PARIGI...

-





Estratto dell’articolo di Lirio Abbate per “la Repubblica”

 

strage usticaSTRAGE USTICA

Nel cielo italiano la sera del 27 giugno 1980 era in corso uno scenario di guerra. Aerei militari si incrociavano sul mar Tirreno decollando dalla base francese di Solenzara, una struttura dell’Armée de l’air situata in Corsica nel comune di Ventiseri vicina alla costa tirrenica dell’isola, e pure da una portaerei.

 

Ufficialmente non c’era alcuna esercitazione, ma il traffico è stato impresso dai radar e trascritto nei plot che fortunatamente gli inquirenti in questi anni sono riusciti a recuperare e analizzare. Ci sono le tracce dei caccia, ci sono le rotte, ma non si riesce ad avere ufficialmente la paternità di questo traffico sul cielo di Ustica che ha portato ad abbattere il Dc9 di linea Itavia che da Bologna stava raggiungendo Palermo, provocando 81 vittime.

francesco cossigaFRANCESCO COSSIGA

 

A riscontrare questo scenario sono arrivate alcuni anni fa le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, il quale – anche se con notevole ritardo rispetto ai fatti - ha detto davanti ai giudici del tribunale civile di Palermo che a tirare giù il volo con i passeggeri erano stati i francesi. Svelò cosa seppe nell’imminenza della strage in qualità di presidente del Consiglio.

 

Nel 2010 aggiunse che il missile colpì l’aereo italiano per sbaglio e il vero bersaglio era un Mig su cui volava Gheddafi.

 

[…]

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

 

Le perizie hanno stabilito che l’aereo dell’Itavia è stato abbattuto dall’onda d’urto di un missile che è esploso a poca distanza dalla fusoliera. I periti hanno escluso la bomba a bordo. «Il giudice Priore scrive nella sua sentenza di cinquemila pagine che il Dc9 è stato abbattuto nel corso di una guerra aerea scoppiata attorno al Dc9. Lo scrive in base ad una serie di elementi» dice l’avvocato Gamberini.

 

[…]

 

francesco cossiga.FRANCESCO COSSIGA.

Con le dichiarazioni di Cossiga è stata avviata l’inchiesta bis dalla procura di Roma, ancora aperta ma verso una richiesta di archiviazione. I magistrati hanno ottenuto dall’Aise, l’intelligence italiana che ha preso il posto del Sismi, il servizio segreto militare, copia di 32 documenti su cui era stato posto all’origine il segreto di Stato, da poco tempo rimosso. Si tratta di atti prodotti tra il 1979 e il 1982, che fanno parte di un più ampio archivio di documenti che riguardano i rapporti fra il Sismi e l’Olp, l’organizzazione per la liberazione della Palestina.

 

[…] nel settembre del 2020 la procura della Repubblica di Roma ha chiesto e ottenuto l’esibizione dei documenti. Negli atti, analizzati dai magistrati, che sono in gran parte le relazioni scritte dal colonnello Stefano Giovannone, nome in codice “Maestro”, capo del Sismi a Beirut dal 1972 al 1981, non si fa cenno alla strage di Ustica.

 

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

I documenti, che venivano inviati periodicamente al capo del Governo o ad alcuni ministri, ci dicono, invece, che i palestinesi con l’abbattimento del Dc9 non hanno nulla a che fare. In un cablo del 18 aprile 1980, inviato con priorità “urgente” a Roma e che aveva come oggetto “minacce Fplp”, a proposito di attentati palestinesi nei confronti dell’Italia, si legge: «Nessuna azione sarà comunque effettuata da Fplp confronti ambasciata Beirut, capo missione e personale tutto, nonché collettività ed interessi italiani in Libano, per rispetto e riconoscimento di quanto da noi fatto in Beirut nel reciproco interesse».

 

Il 24 aprile 1980 in una nuova nota al direttore del Sismi: «L’interlocutore con il quale ho parlato ha aggiunto che la dirigenza del Fplp ha ultimamente deciso che “nessuna azione sarà comunque effettuata dal “Fronte”» sottolineando «né prima né dopo il 15 maggio».

 

[…]

 

usticaUSTICA

Dipanati i tentativi di depistaggio, i fatti documentati e riscontrati puntano sui caccia francesi, sulla responsabilità d’Oltralpe. I pm hanno interrogato alcuni avieri francesi, e hanno avuto conferma che in quella base in Corsica la notte del 27 giugno c’era un forte traffico aereo.

 

«L’inchiesta bis ha il compito di tirare le fila di una serie di elementi che dovrebbero dare un riscontro ulteriore della presenza della portaerei francese. Questo è quello che mi aspetto tirando le fila dell’ultima indagine, mi aspetto che si possa finalmente arrivare a dire chi c’era nel Tirreno e in volo», dice l’avvocato Gamberini […] Forse da Parigi è tempo che dicano qualcosa. […]

itavia 1ITAVIA 1francesco cossiga 3FRANCESCO COSSIGA 3STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

sabato 22 agosto 2020

                                                                        USTICA


NON SIETE STATO, VOI - IMPOSTO IL SEGRETO DI STATO PER ALTRI NOVE ANNI AI DOCUMENTI LEGATI ALLA STRAGE DI USTICA E ALLE ATTIVITÀ DEL COLONNELLO STEFANO GIOVANNONE IN LIBANO - LA FIGLIA DI UNA DELLE VITTIME CHIEDEVA L'ACCESSO AI FILE MA PALAZZO CHIGI SI È OPPOSTO: “PUBBLICARE LE CARTE ARRECHEREBBE UN GRAVE PREGIUDIZIO AGLI INTERESSI DELLA REPUBBLICA”

-

Condividi questo articolo

Francesco Grignetti per “la Stampa”

 

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

Quarant' anni sono trascorsi, ma non sono ancora sufficienti per considerare inoffensivi certi documenti del 1980 che raccontano quel che l'Italia faceva in Medio Oriente. Perciò deve permanere il segreto sui documenti del Sismi che venivano da Beirut. L'ombra del colonnello Stefano Giovannone, il capocentro dei nostri servizi segreti che operò in Libano dal 1973 al 1982 si staglia ancora. L'unica conclusione che si può trarre, è che il seme che il nostro 007 gettò non ha terminato di dare i suoi frutti. La sua rete d'intelligence in qualche modo è ancora operante. Per questo motivo non se ne parla di rendere pubblici i suoi documenti.

 

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA

La risposta che palazzo Chigi ha dato ieri alla signora Giuliana Cavazza, figlia di una vittima della strage di Ustica, che chiedeva copia dei documenti, per il momento chiude un cerchio: anche se il 1980 è lontano, è a rischio la sicurezza nazionale. Se qualcuno pensava che da queste carte potessero venire risposte ai mille interrogativi sulle stragi di Ustica (27 giugno 1980) e della stazione di Bologna (2 agosto 1980), ebbene, per ora non se ne parla. E i servizi segreti sono intenzionati a mantenere il segreto quantomeno fino al 2029, come è stato detto all'ex senatore Carlo Giovanardi in un incontro a palazzo Chigi.

 

stefano giovannoneSTEFANO GIOVANNONE

La lettera non lascia scampo. Pubblicare le carte che portano la firma di Giovannone non è possibile perché si arrecherebbe «un grave pregiudizio agli interessi della Repubblica». Eppure qualcuno le ha lette: i parlamentari della scorsa legislatura che facevano parte della commissione d'inchiesta sul caso Moro. Ma anch' essi sono stati vincolati al segreto. Sanno, però non possono divulgare. La lettera della presidenza del Consiglio alla signora Cavazza ripercorre brevemente la storia: il colonnello Giovannone oppose il segreto di Stato durante l'inchiesta sulla scomparsa dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo.

 

Era il 1984 quando l'allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, confermò il segreto di Stato e ciò impedì anche ai magistrati di visionare il dossier. Da quel momento sulle informazioni di Giovannone si è stesa una coltre impenetrabile che è durata fino al 2014. È quanto prescrive la legge: il segreto di Stato può durare al massimo trent' anni. Immediatamente dopo, però, sulle sue carte è subentrata la classifica di «segretissimo». Significa che ora almeno i magistrati potrebbero leggere questi documenti, ma con tanti vincoli, e non è dato sapere quali procure li hanno visionati. I ricercatori, i giornalisti e gli storici, invece, non potranno leggere nulla.

 

GIULIO ANDREOTTI E ARAFATGIULIO ANDREOTTI E ARAFAT

L'opinione pubblica non potrà sapere anche se qualcosa è già venuto fuori. Il segreto riguarda una serie di telegrammi cifrati sui rapporti occulti tra Italia e palestinesi, l'Olp, la formazione al-Fatah di Yasser Arafat, la formazione ancor più estremistica Fplp di George Habbash, altri servizi segreti arabi, i libici. Nel plico ci sono gli allarmi che Giovannone faceva rimbalzare a Roma. L'escalation nel corso del 1979 e 1980 di minacce contro gli italiani da parte del gruppo terroristico Fplp dopo che furono sequestrati ad Ortona, in Abruzzo, alcuni missili terra-aria di fabbricazione sovietica che stavano portando attraverso l'Italia.

 

CARLOS IL TERRORISTACARLOS IL TERRORISTA

Oppure i riferimenti al super-terrorista Carlos, sanguinario e folle, che era al soldo del Patto di Varsavia, ma anche di Gheddafi o di Saddam Hussein. Un documento impressiona più di tutti: un cablo arrivato a Roma il 27 giugno 1980, proprio il giorno in cui sarebbe precipitato il Dc9 dell'Itavia con 81 persone a bordo, nel quale il colonnello del Sismi avvisava che l'Fplp dichiarava superato il Lodo Moro. Da quel momento per il gruppo di Habbash non vigeva più l'accordo che era stato stipulato sei o sette anni prima e che garantiva di tenere fuori l'Italia da atti terroristici. In cambio, ci eravamo impegnati a favorire i palestinesi in molti modi.

 

Soprattutto sul piano diplomatico: avremmo aiutato l'Olp ad ottenere il riconoscimento dalla Comunità economica europea. Riconoscimento che venne il 14 giugno con una famosa, all'epoca, Dichiarazione di Venezia. Presidente del Consiglio era Francesco Cossiga. E se oggi quel passaggio è negletto, occorre ricordare che per impedire la Dichiarazione di Venezia si mossero forze potenti. Saddam, Gheddafi e Assad erano come impazziti contro Sadat (che sarebbe stato assassinato l'anno dopo) e Arafat, considerati traditori della causa.

cossiga e andreottiCOSSIGA E ANDREOTTI

 

La settimana seguente, tra il 22 e il 23 giugno, Venezia ospitò anche una riunione del G7 con il Presidente Carter. L'ex ambasciatore Richard Gardner nelle memorie accenna all'incubo di un attentato contro il suo Presidente. Francesco Cossiga insomma fu il mattatore dell'estate '80. Le stragi sono collegabili a quegli eventi? Le carte di Giovannone per il momento non ci aiuteranno.  

venerdì 26 giugno 2020

                                                                 USTICA 4O ANNI



ABBATTIAMO IL MURO DI GOMMA SU USTICA: “UN CACCIA NON IDENTIFICATO APPARVE SULLA SCENA CON UNA DELIBERATA MANOVRA D'ATTACCO DA OVEST. L'OBIETTIVO NON ERA L'AEREO CIVILE, MA…” 40 ANNI SENZA VERITÀ BY ANDREA PURGATORI - UNO SCENARIO DI GUERRA NEI CIELI DEL MEDITERRANEO. I CACCIA LIBICI IN SCIA AL DC9 PER NASCONDERSI AI RADAR, L'ESPLOSIONE, LE 81 VITTIME. E POI SEGRETI, MORTI MISTERIOSE, BUGIE (IL CEDIMENTO STRUTTURALE, LA BOMBA). C’E’ ANCORA UNA INCHIESTA APERTA
-

Condividi questo articolo
 

ANDREA PURGATORI per il Corriere della Sera

usticaUSTICA
Raccontare la strage di Ustica dopo 40 anni, un tempo infinito per i familiari delle 81 vittime che dal 27 giugno del 1980 aspettano la verità, è un po' come fare la cronaca di una lunga e complessa corsa a ostacoli.

Serve la memoria, che conta ma non basta. E non soltanto perché alla Procura di Roma c'è tuttora una inchiesta aperta per stabilire cause e responsabilità dell'esplosione di quel DC9 che volava da Bologna a Palermo in un cielo limpido ma, al contrario di quello che per decenni si sono affannati a sostenere i vertici militari dell'epoca, affollato di caccia di molte nazioni: americani, francesi, britannici e naturalmente italiani.
gheddafiGHEDDAFI

E tutto questo in un Mediterraneo che allora era uno dei luoghi più pericolosi del pianeta. Dove si scaricavano fortissime tensioni internazionali tra i due blocchi, quello occidentale e quello sovietico, ma anche confronti tra nazioni. Ecco, è in questo contesto che va calata la storia della strage. In una stagione in cui l'Italia giocava su più tavoli, per interessi diversi.

Basta pensare alla Libia del colonnello Muammar Gheddafi, che all'epoca era considerato il nemico numero uno dell'Occidente come poi lo sarebbero diventati Saddam Hussein e Osama Bin Laden. Nel 1980, Gheddafi possedeva il 13 per cento delle azioni della nostra industria più importante: la Fiat. Ci garantiva quasi la metà dell'energia di cui il Paese aveva bisogno, tra petrolio e gas. E aveva accolto oltre ventimila lavoratori italiani, che costituivano la forza necessaria a costruire la grande Jamahiriya su cui il colonnello aveva fondato la propria ambizione di leader del mondo arabo. Potevano americani e francesi tollerare che l'Italia intrattenesse rapporti tanto ambigui con Gheddafi? Certamente, no.

itaviaITAVIA
E ce lo avevano detto esplicitamente. Il DC9 Itavia decolla dall'aeroporto di Bologna alle 20.08 con due ore di ritardo, a causa di un violento temporale. A bordo ci sono due piloti, due assistenti di volo e 77 passeggeri tra cui 13 bambini. La rotta prevede il sorvolo dell'Appennino, la discesa fino a Roma e poi l'ultima tratta lungo l'aerovia Ambra 13 fino a Palermo. Ma è proprio quando l'aereo si trova sull'Appennino che, secondo le perizie radaristiche, si verificano i primi due episodi sconcertanti di questa lunga storia.

Ivo Nutarelli e Mario NaldiniIVO NUTARELLI E MARIO NALDINI
Primo. Il DC9 viene agganciato da un altro velivolo, quasi certamente un caccia e forse un Mig libico (tre settimane dopo ne verrà «ufficialmente» rinvenuto uno precipitato sulla Sila), che si mette nella scia dell'aereo civile per nascondersi ai radar.

Secondo. Due intercettori F104 dello stormo dell'Aeronautica di Grosseto incrociano il DC9 e rientrano alla base segnalando un'emergenza come previsto dal manuale Nato: volando in modo triangolare sull'aeroporto mentre inviano segnali muti premendo il pulsante della radio. Sull'F104 che dà l'allarme ci sono i piloti Ivo Nutarelli e Mario Naldini. Hanno visto l'intruso? Sì, perché volavano «a vista». Ma non potranno mai raccontarlo. Prima di essere interrogati dal giudice Rosario Priore moriranno a Ramstein, in Germania, dove si scontreranno uno contro l'altro durante un'esibizione delle Frecce tricolori.
itavia 2ITAVIA 2

Intanto il DC9 continua sulla rotta verso Sud. E il controllo del traffico aereo di Ciampino lo segue. Ma la traccia è a zigzag, e i periti la interpreteranno come doppia, confermando la presenza del secondo velivolo sconosciuto. Fino al cielo sulle isole di Ponza e Ustica.

Dove pochi secondi prima delle 21 il copilota dice quell'ultima frase, completata da una nuova analisi compiuta da Rainews sulla registrazione del voice recorder: «Guarda cos' è...». Poi l'esplosione e il silenzio. Cosa è accaduto? Cosa hanno visto i piloti del DC9? Secondo i periti italiani e americani, la ricostruzione delle tracce radar indica che in quell'istante almeno un altro caccia non identificato appare sulla scena con una deliberata manovra d'attacco provenendo da Ovest. L'obiettivo non è ovviamente l'aereo civile, ma l'intruso che si nasconde.

itavia 1ITAVIA 1
Chi colpisce chi non lo sappiamo, ma sappiamo che in mezzo ai resti del DC9 che precipitano in mare l'intruso tenta la fuga, inseguito da due caccia che testimoni in punti diversi della Calabria vedono distintamente. La direzione è quella che porta al luogo nel quale verrà rinvenuto il Mig23 libico. E l'autopsia sul cadavere del pilota rivelerà che non è morto il 18 luglio, giorno del ritrovamento ufficiale ma tre settimane prima. Quindi, la sera del 27 giugno 1980.

Anche se quella relazione sparirà insieme a parti del corpo prelevate durante l'autopsia, a tutte le foto scattate e agli appunti che aveva con sé. Il resto, il resto di questi 40 anni, è una catena di silenzi o bugie che coprono ancora oggi il cuore di quello scenario di guerra.

STRAGE DI USTICASTRAGE DI USTICA
Silenzi o bugie (il cedimento strutturale, la bomba) italiane, francesi, americane e di tanti Paesi che insistono a non fornire ai magistrati ciò che sarebbe necessario a chiudere questa sporca partita. Ma caricare sulle spalle di chi indaga tutto il peso della ricerca della verità è un alibi.


purgatoriPURGATORI
Non potranno mai essere dei magistrati a bussare alla porta della Casa Bianca o dell'Eliseo, serve uno Stato che abbia voglia di fare i conti col proprio passato. Perché appunto la memoria e le commemorazioni non bastano. Né bastano i risarcimenti stabiliti dai tribunali che hanno condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti certificando che ad abbattere il DC9 fu un missile. Soprattutto se c'è in ballo il dolore di 81 famiglie e la loro sacrosanta pretesa di avere giustizia.
USTICAUSTICAIL FILM DI MARTINELLI SU USTICAIL FILM DI MARTINELLI SU USTICADC 9 USTICADC 9 USTICA

purgatoriPURGATORIIL FILM DI MARTINELLI SU USTICAIL FILM DI MARTINELLI SU USTIC