mercoledì 14 settembre 2022

 

IL DELITTO (QUASI) PERFETTO DEI BOIARDI DI STATO – DURANTE LA CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO AIUTI BIS UNA “MANINA” HA INSERITO UNA NORMA CHE PERMETTE DI DEROGARE AL TETTO MASSIMO DEGLI STIPENDI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE FISSATO A 240MILA EURO – DRAGHI SI È INCAZZATO CON IL MINISTERO DELL'ECONOMIA, CHE HA RESPINTO LE ACCUSE DICENDO DI AVER FORNITO SOLO UN “CONTRIBUTO TECNICO SULLE COPERTURE”– “MARIOPIO” GELIDO CON I PARTITI: “NON HO INTENZIONE DI METTERE LA FACCIA SU QUESTA NORMA MENTRE LA GENTE FA I CONTI CON L'INFLAZIONE”

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1 – STIPENDI AI DIRIGENTI SALTA IL TETTO NELLA PA L'IRA DI PALAZZO CHIGI

Estratto dall'articolo di Roberta Amoruso e Alberto Gentili per “Il Messaggero”

 

mario draghi daniele franco 2MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO 2

Arriva una picconata al tetto che ferma a 240.000 euro lo stipendio dei supermanager pubblici. La maxi-deroga ai paletti introdotti nel 2011 dal governo di Mario Monti e richiamati dal governo Renzi nel 2014 passa con un emendamento approvato in Senato al Decreto Aiuti-bis. Un correttivo arrivato in extremis, infilato magicamente nell'ultimo provvedimento utile prima dell'appuntamento con le elezioni con il sì di tutti i partiti e l'astensione di FdI, Lega e M5S.

 

L'ok del Senato all'abolizione del tetto ha colto di sorpresa Mario Draghi. Tant'è, che da palazzo Chigi prima è filtrato «disappunto». E una presa di distanze: «Decisione squisitamente parlamentare». Poi, chi ha parlato con il premier l'ha descritto «molto, molto arrabbiato». «Imbufalito»: «Non può accettare una mossa del genere mentre famiglie e imprese vivono il dramma del caro-bollette».

 

DANIELE FRANCO E MARIO DRAGHIDANIELE FRANCO E MARIO DRAGHI

Ed è seguita la ricostruzione dei fatti: «L'emendamento è stato proposto da Forza Italia ed è stato sostenuto da tutti i partiti. Purtroppo, però, ha avuto una sponda nel governo: il Tesoro e il ministro ai rapporti con il Parlamento D'Incà hanno vistato la norma e non hanno informato il Presidente». In poche parole: «Siamo stati fregati, non lo sapevamo».

 

Il Tesoro, poco dopo, è corso a precisare di avere offerto «solo un contributo tecnico sulle coperture». E palazzo Chigi ha bacchettato i partiti e ha assolto Daniele Franco e i suoi dirigenti: «Si è trattato di un emendamento parlamentare, inserito all'ultimo minuto, di cui non sapevamo nulla e per il quale il Tesoro ha fornito solo un contributo tecnico».

 

mario draghi daniele francoMARIO DRAGHI DANIELE FRANCO

Non è mancato l'impegno solenne ad azzerare l'abolizione del tetto degli stipendi: «Per attuare questa norma serve un altro provvedimento, un Dpcm. E potete stare certi che non arriverà mai. Draghi è fermamente contrario». Tant'è che non si esclude che domani o venerdì, quando il governo sarà chiamato a varare il decreto Aiuti ter, «venga introdotta una norma soppressiva» dell'emendamento-scandalo.

 

Scatta però il classico scaricabarile. Matteo Renzi dà la colpa al governo: «Quel tetto l'avevo messo io, ma l'esecutivo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero 17 miliardi di aiuti alle famiglie».

mario draghi daniele franco 4MARIO DRAGHI DANIELE FRANCO 4

 

E il Pd, con le capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, mette a verbale: «Purtroppo nel testo del decreto è passato un emendamento di Forza Italia riformulato dal Tesoro, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al decreto aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel decreto Aiuti ter». […]

 

2 - STIPENDI PUBBLICI, DRAGHI STOPPA IL BLITZ NESSUN AUMENTO A GENERALI E DIRIGENTI

Estratto dall'articolo di Alessandro Barbera per “La Stampa”

 

daniele francoDANIELE FRANCO

Accade spesso alla fine di governi e legislature. Chiamiamoli regolamenti di conti o - meno maliziosamente - i nodi che vengono al pettine. Fatto è che ieri, fra Palazzo Chigi, Tesoro e le alte burocrazie si respirava una tensione mai vista nell'anno e mezzo di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Due le ragioni, entrambe rilevanti per le sorti della campagna elettorale. La prima: la norma sugli extraprofitti delle aziende energetiche. E due: un emendamento approvato in Parlamento contro il tetto allo stipendio dei funzionari pubblici. […]

 

L'altra ragione di scontro dentro i palazzi è un emendamento votato durante la conversione in legge del decreto Aiuti bis (occhio alle differenze) in Senato. Proposta da Forza Italia e approvato in Commissione da tutti i partiti, la norma permetterebbe ai vertici militari, di polizia, carabinieri e ministeri di derogare al tetto che vieta indennità superiori a quella del presidente della Repubblica, pari a 240mila euro l'anno. Non appena avuta notizia del sì all'emendamento, dallo staff del premier è filtrato il nervosismo verso il suo (fin qui) fidato ministro del Tesoro, Daniele Franco.

 

giorgetti draghi dinca francoGIORGETTI DRAGHI DINCA FRANCO

A precisa domanda dal Tesoro ammettono di aver dato parere favorevole alla norma, salvo aggiungere che ogni decisione sugli emendamenti rilevanti è sempre concordata con Palazzo Chigi. «Forse qualcuno si è distratto. Se non Draghi, qualcuno del suo staff», dice una seconda fonte. Per fugare ogni sospetto di complicità, il premier ha recapitato ai partiti un messaggio che si può riassumere così: «Non ho intenzione di mettere la faccia su questa norma mentre la gente fa i conti con l'inflazione».

 

Che la faccenda si sia tramutata subito in un boomerang l'hanno capito anche i partiti. Dopo il blitz in Commissione, in Aula si sono astenuti (voto di astensione, non contrario, ndr) Fratelli d'Italia, Cinque Stelle e Lega. Ora c'è chi ipotizza una norma soppressiva da inserire nel decreto ter: il Pd (che pure ha votato a favore) promette un ordine del giorno perché ciò avvenga. «Siamo contrari alla norma», diceva ieri sera il segretario Enrico Letta.

daniele franco mario draghi conferenza stampa sulla manovraDANIELE FRANCO MARIO DRAGHI CONFERENZA STAMPA SULLA MANOVRA

 

Se così non fosse, e poiché la norma avrebbe bisogno di un decreto attuativo firmato dal presidente del Consiglio (Dpcm) Draghi ha fatto sapere che non lo firmerà. In quel caso l'ultima parola spetterà (di nuovo) al successore, ovvero (con molta probabilità) a Giorgia Meloni. Sintesi della storia: nei palazzi c'è molta gente impegnata a far scatoloni. In alcuni casi, a capire quale sarà il prossimo ufficio in cui farli consegnare.

DANIELE FRANCO MARIO DRAGHI AL SENATODANIELE FRANCO MARIO DRAGHI AL SENATOdaniele francoDANIELE FRANCODANIELE FRANCO MARIO DRAGHIDANIELE FRANCO MARIO DRAGHIDANIELE FRANCO MARIO DRAGHIDANIELE FRANCO MARIO DRAGHI

martedì 13 settembre 2022

 

E UN ALTRO TOP MANAGER RUSSO SE LO SEMO LEVATO DAI COJONI – È VOLATO GIÙ DA UNA BARCA IVAN PECHORIN, NUMERO UNO DELL'INDUSTRIA AERONAUTICA DELL'ESTREMO ORIENTE E DELL'ARTICO. AVEVA 39 ANNI ED ERA DI FATTO IL DELEGATO DI PUTIN PER LA GESTIONE DELLE ENORMI RISORSE ENERGETICHE TRA I GHIACCI – IL PREDECESSORE ERA STATO STRONCATO DA UN ICTUS A FEBBRAIO, A 43 ANNI, SENZA CHE UN’AUTOPSIA ABBIA MAI CONFERMATO LE CAUSE DEL DECESSO…

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Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it

 

Ivan PechorinIVAN PECHORIN

Finestre, scogliere, intossicazioni strane, barche nei mari del nord. La Russia di Putin non è un paese per vite tranquille. È morto in Russia Ivan Pechorin, amministratore delegato dell'industria aeronautica della Corporazione per lo sviluppo dell'Estremo Oriente e dell'Artico. Il corpo di Pechorin è stato ritrovato sull'isola Russkij.

 

Pechorin, in stato di ebbrezza alcolica, sarebbe caduto in mare da una barca da diporto. Secondo il servizio stampa della società, è morto nella serata di sabato 10 settembre nella zona di Capo Ignatiev.

artico petrolioARTICO PETROLIO

 

Secondo la versione ufficiale della polizia russa, è caduto in mare a tutta velocità. L’“incidente” sarebbe avvenuto nelle acque vicino all'isola Russky, non lontano da Capo Ignatiev, scrive la Komsomolskaya Pravda. Il corpo è stato ritrovato dopo una ricerca durata più di un giorno.

 

Pechorin aveva 39 anni e un posto importantissimo nello scacchiere dell’energia e dell’industria russa, perché di fatto era una specie di delegato di Putin per l’amministrazione delle immense risorse energetiche dell’Artico.

 

Ivan PechorinIVAN PECHORIN

Ad aumentare l’aspetto sinistro di questa ennesima morte nel mondo di top manager russi – specialmente dell’energia – c’è la circostanza anche questa abbastanza sinistra che il predecessore, l’ex amministratore delegato della società, Igor Nosov, era morto pure lui improvvisamente a febbraio, colpito da un ictus a 43 anni. Il corpo non aveva ricevuto però autopsia.

 

La “Corporazione per lo sviluppo dell'Estremo Oriente e dell'Artico” riveste un ruolo cruciale nella Russia colpita dalle sanzioni, sia nell’energia sia nell’industria aerea. E Pechorin ne disegnava le politiche e era andato a spiegare la sua idea di recente al Forum economico orientale – presente Putin – durante un panel dedicato alla lotta alle sanzioni, che aveva come titolo “Ognuno ha la sua strada: La logistica di un mondo cambiato”.

artico russia petrolioARTICO RUSSIA PETROLIO

 

Pechorin, ci racconta uno dei presenti al Forum, si era anche trattenuto a parlare con i vertici di Lukoil, tra cui Ravil Maganov, 67 anni, il presidente del board della compagnia petrolifera russa, morto anche lui il 1 settembre dopo una sospetta caduta da una finestra di un ospedale di Mosca, lo stesso ospedale dove di lì a poco si sarebbe recato Vladimir Putin per l’ultimo saluto a Mikhail Gorbaciov, morto il 30 agosto.

 

E subito prima, nella notte del 14 agosto, era voltato giù da un attico di un condominio di lusso a Washington, D.C., Dan Rapoport, un finanziere lettone che era nel suo paese d’origine uno dei più noti critici di Putin, aveva lavorato in Russia con un fondo d'investimento nei primi Anni novanta, per poi finire nel libro nero putiniano, come il suo amico Bill Browder, fondatore del fondo Hermitage, e poi uno dei più impegnati attivisti anti-Putin, e autore della campagna per il Magnitsky Act negli Stati Uniti e in Europa. Rapoport, tra l’altro, sosteneva la battaglia di Alexey Navalny e della sua Fondazione.

 

vladimir putin ravil maganovVLADIMIR PUTIN RAVIL MAGANOV

E prima ancora c’erano state le morti strane di una serie di manager del petrolio o del gas, Sergey Protosenya, Vladislav Avayev, Vasily Melnikov, Mikhail Watford (trovato impiccato), Alexander Tyulyakov (Gazprom, trovato impiccato), Leonid Shulman, Andrei Krukowski (neanche quarant’anni, top manager del resort sciistico di Gazprom non lontano da Sochi, Krasnaya Polyana, volato giù da una scogliera non si capì assolutamente come).

 

dan rapoport e la moglieDAN RAPOPORT E LA MOGLIE

L’Artico appare da tempo del resto come un territorio di battaglia, e un luogo di faide da decifrare. A settembre dell’anno scorso era morto in modo molto singolare in Siberia, vicino a una cascata nella riserva naturale dell’altopiano Putorana, a 150 km da Norilsk, nord del circolo polare artico, Yevgeny Zinichev, ministro russo per le emergenze, e uomo che Putin salutava come uno dei suoi possibili successori. Zinichev – che era un alleato apparentemente di ferro di Putin – sarebbe morto mentre tentava di salvare un altro uomo caduto in acqua da una scogliera. Le scogliere tornano sempre, come le faide.

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lunedì 12 settembre 2022

 

A SCUOLA DI MAZZETTE – OLTRE UN MILIONE DI EURO STANZIATI PER PROGETTI SCOLASTICI IN TUTTA ITALIA SAREBBERO STATI UTILIZZATI PER FINANZIARE IL GIRO DI TANGENTI CHE, SECONDO L'ACCUSA, PARTIVA DALL'IMPRENDITORE BIANCHI DI CASTELBIANCO E ARRIVAVA A GIOVANNA BODA, L'EX POTENTE DIRIGENTE DEL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE – IN MOLTI CASI, NEI COSTI ADDOSSATI ALLE SCUOLE SAREBBERO STATI FATTI RIENTRARE ANCHE GLI STIPENDI PER PERSONE INDICATE DALLA BODA COME SOGGETTI “DA CONTRATTUALIZZARE”…

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Estratto dall'articolo di Michela Allegri per “Il Messaggero”

 

Giovanna BodaGIOVANNA BODA

Fondi stanziati per i progetti scolastici sarebbero stati utilizzati per finanziare il giro di tangenti che, secondo l'accusa, partiva dall'imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco e arrivava all'ex capo del Dipartimento risorse umane e finanziarie del Miur, Giovanna Boda. È l'ipotesi che emerge dagli atti dell'inchiesta per corruzione che ha travolto Bianchi e il ministero.

 

In una relazione del 20 aprile 2022, a firma del consulente Francesco Lombardo, nominato dal pm Carlo Villani, e in una dettagliata informativa della Guardia di finanza, vengono elencate «vistose anomalie nella rendicontazione delle spese, tali da far ritenere che la documentazione prodotta dalle società Istituto di ortofonologia Sri, Comunicazione & editoria Sri, Edizioni scientifiche Magi Sri, Fondazione M.I.T.E., tutte riconducibili a Bianchi di Castelbianco, sia in parte relativa a spese non inerenti i progetti», comprese quelle «per la prestazione di utilità in favore della Boda», di suoi familiari e di conoscenti.

 

giovanna boda 3GIOVANNA BODA 3

I costi d'impresa apparentemente sostenuti dalle società, e risultati estranei ai progetti, sono stati quantificati in 574.028, scrive il consulente, «a cui devono essere aggiunti 300.576 euro e l'importo complessivo di euro 320.138».

 

LE SCUOLE

I progetti considerati anomali sono otto. Sotto la lente della Procura, per esempio, sono finite le spese sostenute dall'Istituto Ranieri Antonelli Costaggini di Rieti. Il consulente scrive che le società riconducibili a Bianchi hanno inserito nei rendiconti costi «attinenti a prestazioni rese in periodi non rientranti nell'arco temporale di esecuzione del progetto», ma anche «spese attinenti a prestazioni non effettivamente sostenute» e, soprattutto, «allibramento di costi sostenuti per la prestazione di utilità in favore della Boda».

 

giovanna bodaGIOVANNA BODA

C'è poi il progetto Genova, un ponte per il futuro. Anche in questo caso, sostiene la Finanza, «sono emersi profili di criticità», visto che molte voci di spesa «risultano connotate da palese carenza dei documenti giustificativi». Viene segnalata l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, «al solo scopo di procurare la liquidità necessaria per compensare utilità rese in favore della Boda o di altri soggetti da lei indicati».  […]

 

L'INTERROGATORIO

In molti casi, nei costi addossati alle scuole sarebbero stati fatti rientrare anche gli stipendi e i premi per persone indicate dalla Boda come soggetti «da contrattualizzare». Di questa dinamica ha parlato la segretaria della ex dirigente, Valentina Franco.

 

giovanna boda 1GIOVANNA BODA 1

«In che modo vengono utilizzati gli istituti scolastici per gestire la mole di spese sostenute dalla Boda?», chiede il pm Carlo Villani durante l'interrogatorio. La risposta: «Per quello che so, agli istituti scolastici veniva richiesto di sostenere le spese di Boda attraverso delle lettere. Non so con quale giustificazione si chiedesse alla scuola di pagare. Ad esempio, la Demetra prenotava viaggi per la Boda e poi la spesa veniva addossata alla scuola».

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MARINO NIOLA SPIEGA PERCHÉ ROBERTO DE SIMONE, "CHE VIVE IN UN VERGOGNOSO DIMENTICATOIO" È ANCORA L'ANIMA DI NAPOLI – FONDATORE DELLA NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE, I SUOI SPETTACOLI SONO ORMAI ENTRATI NELLA MITOLOGIA DEL TEATRO ITALIANO (UNO PER TUTTI, LA GATTA CENERENTOLA)- "L'ISOLAMENTO DI DE SIMONE È UN ATTO SPREGEVOLE”, ANCHE RICCARDO MUTI TUONA CONTRO LE ISTITUZIONI DI NAPOLI COLPEVOLI D'INGRATITUDINE E DI IGNORANZA NEI CONFRONTI DI UN...

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Marino Niola per “il Venerdì di Repubblica”

 

roberto de simoneROBERTO DE SIMONE

«Roberto De Simone. Un genio ignorato dai più». A dirlo nei giorni scorsi è stato il grande Riccardo Muti, sparando ad alzo zero contro le istituzioni di Napoli e non solo, colpevoli d'ingratitudine e di ignoranza nei confronti di un personaggio che il mondo ci invidia.

 

«Musicista, compositore, regista immenso, vive in un isolamento che è un atto spregevole», non usa mezze misure il direttore della Chicago Symphony Orchestra.

Non si può che dargli ragione. Visto che De Simone, fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare, è un artista di fama mondiale.

 

MARINO NIOLAMARINO NIOLA

I suoi spettacoli sono ormai entrati nella mitologia del teatro italiano. Uno per tutti, La gatta cenerentola, che dal debutto, avvenuto il 26 luglio 1976 al Festival dei due mondi di Spoleto, ha girato il mondo per venticinque anni. In un Paese meno sciamannato e volubile del nostro sarebbe sempre in cartellone. Come succede a Broadway con West Side Story, My Fair Lady, Jesus Christ Superstar, A Chorus Line, alcuni dei quali hanno avuto qualcosa come settemila repliche e in certi casi vanno ancora in scena. In questa opera-fiaba gli aspetti più profondamente locali della cultura napoletana venivano resi universalmente comunicabili, tradotti in linguaggi alti e internazionali. Non a caso lo spettacolo è considerato un classico.

 

Come le commedie di Eduardo. E in certe università americane è materia di studio. Perché metteva a tacere il rumore fastidioso della napoletaneria più ruffiana. Per discendere verso le sorgenti poetiche di Partenope, verso quella profondità che fa della città una regione dell'anima che, come tale, appartiene al mondo.

RICCARDO MUTI E ORCHESTRA CHERUBINIRICCARDO MUTI E ORCHESTRA CHERUBINI

 

E adesso il Maestro, alle soglie dei novant' anni, vive in un vergognoso dimenticatoio. E per il suo immenso patrimonio, fatto di libri, testimonianze, oggetti d'arte non si trova nemmeno un posto.

Roberto De SimoneROBERTO DE SIMONEroberto de simoneROBERTO DE SIMONETrianon Opera - Roberto De SimoneTRIANON OPERA - ROBERTO DE SIMONEroberto de simoneROBERTO DE SIMONETrianon Opera - Roberto De SimoneTRIANON OPERA - ROBERTO DE SIMONEroberto de simoneROBERTO DE SIMONEMARINO NIOLA 2MARINO NIOLA 2roberto de simone 2ROBERTO DE SIMONE 2ROBERTO DE SIMONE hqdefaultROBERTO DE SIMONE HQDEFAULTRoberto De SimoneROBERTO DE SIMONEroberto de simoneROBERTO DE SIMONE

Speriamo che la politica e la cultura provino almeno un po' di vergogna.