mercoledì 16 novembre 2022

                                                                 UCRAINA 2022


         

COSA FARÀ LA NATO DOPO I MISSILI CADUTI IN POLONIA (PAESE DELL’ALLEANZA ATLANTICA) CHE HANNO UCCISO DUE PERSONE? “LA DOMANDA È SE SI SIA TRATTATO DI UN ATTACCO ARMATO OPPURE DI UN MISSILE ACCIDENTALMENTE ARRIVATO IN POLONIA. SE È UN ATTACCO INTENZIONALE, CI SARÀ UNA RISPOSTA APPROPRIATA” - ROBERT G. BELL, EX CONSIGLIERE DI CLINTON E OBAMA: “DOBBIAMO ACCERTARE I FATTI, MA È UN MOMENTO MOLTO SERIO..."

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Viviana Mazza per corriere.it

 

JENS STOLTENBERGJENS STOLTENBERG

«Naturalmente è un momento molto serio», commenta Robert G. Bell, ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Bill Clinton e poi inviato da Barack Obama come consigliere per la difesa della Nato, alla notizia di missili — o forse resti di un missile — caduti in Polonia, vicino al confine con l’Ucraina, uccidendo due persone.

 

È difficile immaginare che la Russia abbia lanciato intenzionalmente dei missili contro la Polonia, ma in tal caso un simile attacco attiverebbe l’articolo 5 sulla difesa collettiva della Nato?

«Quel che succede in una situazione come questa è che i polacchi si mettono in contatto con il Segretario generale della Nato a Bruxelles. Dove mi trovo oggi, e chiedono un incontro dei Paesi dell’Alleanza in base all’articolo 4, che dà diritto a tutti gli alleati di convocare una riunione per discutere di una situazione urgente che potrebbe o no rientrare nell’articolo 5.

MISSILI POLONIAMISSILI POLONIA

 

Quando un caccia russo dalla Siria sconfinò in Turchia e fu abbattuto, Ankara convocò un incontro sulla base dell’articolo 4 per discutere quanto era accaduto, ma non aveva intenzione di invocare l’articolo 5. L’articolo 5 implica un attacco contro un alleato della Nato che non sia legato a una guerra civile o interno ma che provenga dall’estero. Qui la domanda è se si sia trattato di un attacco armato oppure di un missile accidentalmente arrivato in Polonia. Non sappiamo ancora i fatti, ma il primo passo sarà la convocazione di un incontro e immagino già domani (oggi per chi legge ndr)».

 

Dopo che una fonte dell’intelligence Usa aveva inizialmente parlato all’«Associated Press» di un missile russo che avrebbe oltrepassato il confine polacco, il Pentagono ha detto che non può ancora confermare.

JENS STOLTENBERGJENS STOLTENBERG

«Il Segretario generale chiederà all’assistente segretario della Nato per l’intelligence di preparare un report mettendo insieme le informazioni dell’Alleanza, dei polacchi, degli americani, di Sigonella... Non è insolito in crisi come queste che le informazioni iniziali siano sbagliate e sarebbe bene che la Nato avesse la pazienza di condurre una discussione completa in base all’articolo 4».

 

Biden ha parlato ieri notte con il presidente polacco Duda, dalla Lituania e da Paesi vicini sono giunte subito parole cariche di solidarietà ma anche di tensione.

«Penso che ci fosse la preoccupazione che la nuova strategia russa, volta a colpire infrastrutture critiche nell’Ucraina occidentale e anche a Leopoli, potesse provocare un incidente. E non è inusuale che le crisi scoppino proprio a partire da incidenti. Potrebbero esserci le scuse dei russi oppure potrebbe rivelarsi un segnale di escalation da parte di Putin.

MISSILI POLONIAMISSILI POLONIA

 

Ciò dipenderà della traiettoria del missile e dalla natura dell’attacco. Personalmente sarei sorpreso se si trattasse di un atto intenzionale, ma non è possibile escluderlo. Putin è chiaramente scontento per la ritirata da Kherson e perché Zelensky ha parlato al G20. Il lancio di cento missili sull’Ucraina serviva a indicare proprio questo: fino a che punto andrà verificato con i meccanismi di cui parlavo e con contatti con gli stessi russi».

 

polonia missili PrzewodowPOLONIA MISSILI PRZEWODOW

 

Nella sua carriera con l’amministrazione Usa e alla Nato, si è trovato in situazioni simili a questa?

«L’esperienza con la Turchia è molto rilevante, mostra come una situazione confusa possa essere interpretata in modi diversi. La Turchia ha convocato la riunione, voleva l’attenzione della Nato, ma ha assicurato alle altre nazioni che non intendeva chiedere l’attivazione dell’articolo 5, ma sottolineare i rischi delle operazioni aeree russe».

robert g. bellROBERT G. BELL

 

Anche ora probabilmente nessuno vuole attivare l’articolo 5? L’episodio si potrebbe concludere con misure diplomatiche o economiche?

«Sì, è proprio questo il punto cruciale. Se è un attacco intenzionale non si può lasciar passare senza una risposta appropriata».

jens stoltenberg a davosJENS STOLTENBERG A DAVOSmissili lanciati verso la poloniaMISSILI LANCIATI VERSO LA POLONIApolonia missili PrzewodowPOLONIA MISSILI PRZEWODOWpolonia missili PrzewodowPOLONIA MISSILI PRZEWODOWmissili lanciati verso la poloniaMISSILI LANCIATI VERSO LA POLONIA

 

 

LA PACE È FINITA -  IN UN LIBRO LUCIO CARACCIOLO SPIEGA COME LA STORIA ABBIA SCONFITTO L'IDEALE FONDATIVO DELL'UE: LA GUERRA IN UCRAINA DIMOSTRA DA MESI CHE I 27 SONO INCAPACI DI PERSEGUIRE IL BENE COMUNITARIO - DIVERSI PAESI FRA GLI ULTIMI ARRIVATI, APPENA RECUPERATA LA SOVRANITÀ CEDUTA PER QUASI MEZZO SECOLO A MOSCA, NON SENTONO PIÙ LA NECESSITÀ DI ESIBIRSI IN TALE PIROETTA. FINO A INVERTIRE L'ORDINE DEI VALORI: È L'UE CHE DEVE DIVENTARE COME LORO. SCHIETTO NAZIONALISMO, CURIOSAMENTE RIBATTEZZATO "SOVRANISMO" - IL "CINISMO" DELLA FRANCIA

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Lucio Caracciolo per la Stampa

 

lucio caracciolo foto di baccoLUCIO CARACCIOLO FOTO DI BACCO

L'idea di Europa ha perso. Ha perso perché nega la storia. E ne è dunque negata. È antistoria. Utopia. In senso stretto: senza spazio e senza tempo. Il fondatore stesso della moderna idea d'Europa, il conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, ne statuisce lo stigma utopico con l'esergo che apre la sua Bibbia protoeuropeista, Pan-Europa (1923): «Ogni grande avvenimento storico cominciò come utopia e terminò in realtà». Paradosso vuole che l'aristocratico austro-ungarico nato a Tokyo, di stirpe boema per ascendenza paterna e di madre giapponese, postulasse questa legge proprio mentre l'Europa reale, ovvero l'insieme delle sue potenze, si avviava a chiudere il suo quadrisecolare ciclo da perno del globo autoaffondandosi nelle due guerre mondiali. Entrambe inizialmente europee. La realtà aveva terminato l'Europa. La sua utopia non poteva che nascere morta.

 

L'idea d'Europa è però immortale. Perché perfettamente irrealistica. Utopia intonsa, puro postulato. Congettura inconfutabile: impossibile calarla dal cielo delle idee alla terra della storia. Di qui quattro corollari. Il primo vale per chi ci crede. Il secondo per chi credendo che tutto sia complotto non crede a nulla. Il terzo per chi se ne serve. Il quarto vale a colpire d'interdetto morale chi ne dubita.

lucio caracciolo coverLUCIO CARACCIOLO COVER

 

Primo. Come ogni grandioso disegno umano indifferente allo spaziotempo, l'europeismo s' è fatto religione. Culto di Coudenhove: la forza di ogni utopia sta nel restar tale. Non mettendosi alla prova o rifiutandone gli esiti, resta articolo di fede.

 

Trasumanato, l'europeismo ideale è indifferente alle miserie dell'europeismo reale.

Inscalfibile dalle dure repliche della storia. Le deludenti aporie della realizzazione confermano nei suoi fedeli la bontà dello scopo ultimo.

 

Il fascino dell'incompiuto supera quello di qualsiasi progetto "realizzato" - le virgolette indicano l'inevitabile iato fra idea e prassi. L'imperfezione esalta l'assoluta astratta perfezione, non compromessa dall'impatto con luoghi e calendari umani. Teologia, vestita da laica filosofia della storia. Credo qui ad absurdum.

 

la fine dell'europaLA FINE DELL'EUROPA

Secondo. In quanto antistorica e irrazionale, l'idea d'Europa è il paradiso dei complottisti. I quali vogliono leggervi una cifra segreta, cui solo alcuni eletti possono accedere.

L'assurdità essoterica è garanzia di pregnanza esoterica, attribuita a massonerie, consorterie e cabale varie - perlopiù anglo-massoniche e/o giudaiche - intente a manipolare i popoli ignari per i propri indicibili interessi.

 

Ogni teoria del complotto, per definizione indimostrabile (altrimenti cesserebbe d'esser tale), dunque indifferente al principio di realtà, svela il nichilismo celato nell'idealismo europeista.

Terzo. In quanto ideologia, l'europeismo è materiale pieghevole. Fondendo ambizione e vaghezza, consente ad attori geopolitici sufficientemente scaltri di perseguire scopi propri vestendoli da europei. Offre supplemento d'anima, superiore grado d'irradiamento e quindi più robusta legittimazione agli Stati nazionali che se ne servono. L'ideale europeista rivela così la contraddizione che non lo consente: gli attori chiamati a fare l'Europa dovrebbero suicidarsi in suo nome, come alate effimere che stremate si lasciano morire dopo aver deposto le uova.

Poiché le comunità umane, specie se veterocontinentali, paiono in tendenza meno inclini al supremo sacrificio di quel nobile ordine d'insetti, accade l'opposto.

 

LUCIO CARACCIOLOLUCIO CARACCIOLO

L'Europa reale, ossificata nelle istituzioni comunitarie, serve gli Stati membri, che la fecondano per servirsene. Purché viva per sopravvivere, senza pretendere di elevarsi al di sopra dei soggetti che l'hanno voluta o addirittura abrogarli. Per consentire alle nazioni associate di recuperare quote del rango perduto in seguito alla guerra civile europea (1914-1945) che le ha decentrate rispetto all'asse terrestre della potenza.

 

I paesi fondatori delle Comunità Europee prima, poi i membri ammessi all'ambito club oggi denominato Unione Europea, vi hanno aderito in nome dei propri interessi nazionali.

l'eros bendato mitorajL'EROS BENDATO MITORAJ

Com' era ovvio fosse, trattandosi appunto di nazioni in forma di Stato. Su tutte, e con speciale successo, Germania e Italia: i più sconfitti tra gli sconfitti del trentennio che vide evaporare o degradare gli imperi europei. Il blu giallostellato ha donato soprattutto ai tedeschi, che ne hanno colorato i panni post-bellici per risalire il baratro in cui s' erano precipitati.

 

Per molti di loro, molto a lungo, l'identità europea, ritagliata su misura dell'idea d'Europa al grado più alto e inverificabile, ha finito per confondersi con l'identità nazionale (Vaterland) e/o local-regionale (Heimat). Altri Stati, su tutti la Francia e a suo peculiarissimo modo il Regno Unito - da quando (1973) ha potuto e fin quando (2016) ha voluto -, hanno seguito il medesimo protocollo, con maggiore cinismo. Diversi paesi fra gli ultimi arrivati, appena recuperata la sovranità ceduta per quasi mezzo secolo a Mosca, non sentono più la necessità di esibirsi in tale piroetta. Fino a invertire l'ordine dei valori: è l'Unione Europea che deve diventare come loro, non viceversa. Schietto nazionalismo all'ombra delle tarmate architetture comunitarie, curiosamente ribattezzato "sovranismo".

meme macron soldatoMEME MACRON SOLDATO

 

Quarto. Dell'Europa non si può dubitare. È tabù. Per noi che a torto o a ragione ci qualifichiamo (anche) europei, è difficile cogliere la potenza di tanto divieto. Nessuno meglio di un geniale storico neozelandese, John Greville Agard Pocock, ne esprime il peso, qualificandosi "euroscettico". Lemma che odora di zolfo in casa europeista. In Italia sospetto persino nella lingua d'ogni giorno.

LUCIO CARACCIOLOLUCIO CARACCIOLO

sabato 5 novembre 2022

 

LETTERA APERTA AI PACIFISTI COI PARAOCCHI – FRANCESCA MANNOCCHI: “PER COMPRENDERE LA GUERRA BISOGNA VEDERE GLI ORRORI COMMESSI DAI RUSSI, NON CONFONDERE LO STOP ALLE ARMI CON LA DEBOLEZZA DI AVER CEDUTO A PUTIN” – “VIENE DA PENSARE, CON UN REALISMO DETTATO DALL'ESPERIENZA E NON DAL PREGIUDIZIO, CHE SFILANDOSI DALLA GUERRA, OGGI, DIMINUIREBBERO LA SPINTA DEI RIFUGIATI SUI NOSTRI CONFINI E POI LE BOLLETTE DEL GAS. MA VERREBBERO MENO ANCHE TUTTI I VALORI CHE FINO AD OGGI HANNO SOSTENUTO LA NOSTRA IDEA DI DEMOCRAZIA, AUTODETERMINAZIONE E LIBERTÀ”

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Francesca Mannocchi per “La Stampa”

 

manifestazione per la pace romaMANIFESTAZIONE PER LA PACE ROMA

Quando si parla di pace nel contesto di questa sanguinosa e drammatica guerra istigata dalla Russia, alcune persone non vogliono riconoscere un semplice fatto: non esiste pace senza giustizia (dal discorso di accettazione del Peace Prize of the German Booktrade dello scrittore ucraino Serhiy Zhadan il 23 ottobre). Ho trascorso le ultime settimane in Ucraina, spinta lì dagli attacchi che il 10 ottobre hanno riportato il terrore nelle strade di Kyiv, che hanno colpito ancora Dnipro e Zaporizhzhia uccidendo venti persone e ferendone più di cento.

 

FRANCESCA MANNOCCHIFRANCESCA MANNOCCHI

Il mondo ha guardato a quegli attacchi come a una fase nuova del conflitto, la strategia del terrore, si dice. Ed è vero, funziona così. Si colpisce la vita quotidiana, si condannano i civili a uno stato di tensione e privazione permanente sperando che, alla lunga, persino il più solido degli animi ceda e chieda a chi è chiamato a prendere decisioni, di fare un passo indietro, concedere qualcosa all’avversario, consegnare all’invasore ciò che chiede.

 

La strategia del terrore, si è detto. Come fosse un dato inedito e invece, semplicemente, ci eravamo distratti, perché inchiodati alla cronaca del presente, abbiamo perso di vista i disegni imperiali del regime di Putin che seguivano un calendario dilatato.

 

missili su mykolaiv ph francesca mannocchiMISSILI SU MYKOLAIV PH FRANCESCA MANNOCCHI

«O la resa o la morte» è il metodo putiniano della guerra. L’aveva detto durante l’assedio dell’Azovstal, a marzo. «Che non entri e non esca nemmeno una mosca» è stata la regola che Putin ha imposto sull’ultima battaglia di Mariupol: l’arma era l’assedio, la conseguenza la fame, l’effetto la resa. La guerra allora era iniziata da otto settimane e già c’erano tutti gli elementi per capire che circondare e affamare le persone fossero i tasselli di una strategia precisa.

 

Le truppe russe avevano già devastato terreni agricoli, distrutto attrezzature, minato i terreni fertili, danneggiato le rotte di rifornimento, bloccato i porti, tagliato l’elettricità e distrutto le centrali elettriche, interrotto le forniture di acqua e di gas, distrutto magazzini di cibo, e depositi alimentari. Colpito consapevolmente i mezzi dei corridoi umanitari e le code dove le persone aspettavano la distribuzione di pane e aiuti alimentari, ucciso volontari, massacrato civili.

 

manifestazione per la pace roma 3MANIFESTAZIONE PER LA PACE ROMA 3

Nelle settimane successive, era aprile, ero a Bucha. Ho visto i cadaveri in strada, ascoltato i racconti dei civili torturati, ho ascoltato le vedove di uomini giustiziati sulla porta di casa, visitato anziani colpiti alle gambe e lasciati marcire di dolore nelle cantine, anziani rimasti senza gambe, amputate perché non c'era più niente da fare. Li ascoltavo mentre qui, in Italia, alcuni di quelli che invocavano la pace, negavano le stragi di Bucha, negavano le evidenze della strage del teatro di Mariupol.

 

Sono passati i mesi, a quei cadaveri in strada, che erano lì, lo so perché ci ho camminato in mezzo, ha reso giustizia l'indagine giornalistica, ha reso giustizia la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite i cui esperti hanno concluso che in Ucraina siano stati «senza dubbio» commessi crimini di guerra. I tifosi della pace-come-resa dell'Ucraina che avevano negato la responsabilità russa su quegli eccidi, però, non si sono mai scusati. Oggi, probabilmente, saranno in piazza con la bandiera arcobaleno.

 

manifestazione per la pace roma 1MANIFESTAZIONE PER LA PACE ROMA 1

Ho osservato l’Ucraina per settimane nella maestosa luce che ha la città quando la bella stagione staffetta con l’autunno, ho cercato di cogliere negli sguardi dei passanti cosa sia abitudine al conflitto, come la consuetudine alla paura modifichi la ritualità del quotidiano e insieme i connotati dei volti, ho scoperto che la guerra fa al viso di un uomo quello che il mare e il vento fanno agli scogli, li consuma e insieme li definisce.

 

Sono salita sui tetti degli edifici colpiti, incidentalmente si direbbe, così come si direbbe che i morti siano collaterali. Ho guardato le città dall'alto, e lì mi è stato chiaro cosa provochi un missile quando colpisce una centrale elettrica e un ponte, cosa produca quando danneggia una scuola, e quando i vetri di una finestra si frantumano sul corpo di un'anziana mentre cuce a maglia con gli aghi e i gomitoli, dritto rovescio, dritto rovescio e poi, improvvisamente, è colpita da una scheggia e muore.

 

massacro di buchaMASSACRO DI BUCHA

Dopo aver incontrato gli occhi sfiniti dei sopravvissuti mi sono domandata quale fosse - se c'era - un modo rispettoso di chiedere agli ucraini cosa sia per loro la parola pace, oggi, mentre qui, in Italia, imbizzarrisce il dibattito tra pacifisti storici (e improvvisati) e i difensori del sostegno armato al popolo ucraino.

 

La prima cosa che ho capito, tessendo le risposte che ho ricevuto da nord a sud, da est a ovest, da soldati e civili, da attivisti e bambini è che pace, lì, sia una parola imperfetta.

 

Lo è per Stanislav, che è un soldato, e mentre sistemava le munizioni dell’obice di cui era responsabile mi ha detto che pace per lui è sposare la sua fidanzata, fare dei figli, comprare un barbecue e invitare i suoi amici a vedere la partita, in tv, la domenica. Ma che non c’è pace senza libertà.

 

massacro di buchaMASSACRO DI BUCHA

Pace è una parola imperfetta anche per Liljia, che ha sessant’anni ed è tornata a vivere a Irpin. Di madre e padre russi, vive a Kyiv da sempre, suo padre è sepolto in Crimea e lei non può andare a piangerlo sulla tomba perché la Crimea è occupata da altri russi. Quando le ho chiesto cosa significasse per lei la parola «pace» mi ha detto che sta imparando a vivere dentro la guerra. Ha risposto così, dopo una pausa che è servita a disegnarle sul volto il sorriso di chi ha capito che non finirà presto, che niente sarà - comunque - più come prima, anche se le armi tacessero domani.

 

È la saggezza dell’esperienza delle vittime che dovrebbe indicare la via e dare le parole d'ordine a chi scenderà in piazza, oggi. Le parole come quelle di Liljia, che qui consegno testuali: «Noi voltiamo le spalle ai russi perché loro hanno voltato le spalle a noi. Dobbiamo solo imparare a viverci dentro. I tempi in cui eravamo sangue dello stesso sangue sono passati e non torneranno mai più. Nessuno vuole tornare a quello che esisteva prima del 1991, pace per noi è andare da qualche parte nel futuro, ma i russi invasori che volevano un unico grande Paese hanno costruito un'unica grande prigione».

 

manifestazione per la pace roma 2MANIFESTAZIONE PER LA PACE ROMA 2

In questi otto mesi di invasione russa in Ucraina il valore delle parole dei testimoni è stato progressivamente indebolito, fino ad essere quasi del tutto ignorato, perché la portata delle evidenze di cui ci rendevano consapevoli non poteva che richiamare a una responsabilità collettiva, cioè solidarizzare con gli invasi, aiutare le vittime a difendersi, e cioè a liberarsi dall’invasore e chiedere giustizia. Per i giustiziati, i torturati, le donne stuprate, gli anziani lasciati morire di dolore, e risarcimenti per i ponti distrutti, le strade danneggiate, le scuole rase al suolo, le fosse comuni, le condotte idriche frantumate.

 

manifestazione per la pace milano 2MANIFESTAZIONE PER LA PACE MILANO 2

Perché, in una guerra di invasione, val la pena ricordarlo a chi scende in piazza, funziona così. Sono gli invasi che vivono nei bunker, scendono in metropolitana con i sacchi a pelo per paura di morire schiacciati dal tetto di casa, solo da un lato del confine si vive con le sirene antiaeree nelle orecchie dal 24 febbraio, è per questo che da un lato del confine non può esserci pace senza giustizia.

 

La demarcazione tra pace e giustizia attraversa l’opinione pubblica da mesi, come se i due campi anziché essere necessari l’uno all'altro fossero di segno opposto. Il conflitto in Ucraina si sta trasformando in una lunga guerra di logoramento, e rischia di diventare anche la linea di demarcazione tra una idea di Europa che rischia di frantumarsi sotto il peso di questa spaccatura dell'opinione pubblica, Putin lo sa. È la condotta di ogni fanatismo, creare divisioni nel campo avversario e riempire il vuoto che si è creato seminando odio.

 

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Ecco perché la strategia del terrore di Putin, riguarda anche chi scenderà in piazza oggi. La manifestazione di oggi chiama al negoziato, alla pace, sacrosanto. Attenzione però a non confondere la pace con la debolezza di aver ceduto al ricatto di un dittatore.

 

Alcuni sostenitori dello stop all'invio di armi ritengono che sfilandosi dalla guerra diminuiranno i combattimenti e si morirà di meno. Anche questo è sacrosanto. Invito, però, i partecipanti - soprattutto i tanti che spinti da nobili intenzioni riempiranno strade e piazze - a chiedersi quanto siano diventati strumenti di una parola così pura ma usata, oggi, sul ring di leader perdenti e in crisi di identità politica che provano a raschiare un magro consenso, scendendo in piazza con le bandiere arcobaleno.

 

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 Viene da pensare, con un realismo dettato dall'esperienza e non dal pregiudizio, che sfilandosi dalla guerra, oggi, diminuirebbero la spinta dei rifugiati sui nostri confini (leggasi sul nostro welfare) e poi, certamente, le bollette del gas. Diminuirebbe la paura dei cittadini del costo economico di questa guerra di liberazione. Ma verrebbero meno anche tutti i valori che fino ad oggi hanno sostenuto la nostra idea di democrazia, autodeterminazione e libertà. La nostra idea di mondo giusto, l’unico nel quale una vera pace è possibile.

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