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domenica 9 agosto 2020

                                                                  FRANCA VALERI


TUTTI I MIEI “CRETINETTI” – FRANCA VALERI FOREVER: “FELLINI SOPRAVVALUTATO. A FORZA DI SENTIRSI CHIAMARE GENIO AVEVA FINITO PER SENTIRSI TALE” – ''VISCONTI? LO VIDI TORMENTARE UN BAMBINO SICILIANO SOLO PERCHÉ SI DIVERTIVA AD ASCOLTARLO STORPIARE LA PAROLA ROSA'' – ''QUELLA VOLTA CHE RENATO SALVATORI VIDE DUE BORSE CON LE INIZIALI LOUIS VUITTON A CASA SUA E DISSE: ‘AHÒ, LUCHÌ, TE SEI COMPRATO LE BORSE PERSONALIZZATE?’' -VIDEO

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Malcom Pagani per il Messaggero

 

FRANCA VALERIFRANCA VALERI

Un qualsiasi risveglio di primavera, a un passo dai 97 anni: «Appena apro gli occhi mi dico oddio, dove sono i miei amici?, poi capisco dove mi trovo e partecipo di nuovo al gioco della vita». Da qualche mese, Franca Valeri combatte nuovamente per la propria libertà come quando era ragazza e a Milano, le bombe cadevano dal cielo: «Sono inciampata in casa e precipitando su uno spigolo, mi sono rotta 6 costole. Ora mi sento bene, ma vivo con rabbia il dramma di non camminare: star fermi è una tale noia».

 

LUCHINO VISCONTILUCHINO VISCONTI

Tra fisioterapisti in camice azzurro, elettrodi e gatti che passeggiano sul tavolo, la grande randagia del teatro italiano guarda il mondo dalle sbarre della sua finestra: «Quelle vere e quelle metaforiche le ho sempre superate con l' ironia. Saper ridere è stato importante, mi ha permesso di vedere il bello anche nel brutto e ribaltare la realtà in un amen. Il mondo in cui sono diventata adulta era un luogo senza barriere. Uscivamo dalla guerra, ci riunivamo con una sorta di febbre addosso: Ho un copione, ti va di leggerlo? e d' incanto da due diventavamo tre, cinque, una compagnia.

 

franca valeri sordiFRANCA VALERI SORDI

Oggi non succede più e per i giovani che non conoscono la vera amicizia e forse non la conosceranno mai deve essere terribile. Come abbia potuto prevalere l' estraneità verso gli altri non si sa, però è accaduto. La gente ormai più che a vivere è incline a sopravvivere, ma per salvarsi è necessario un grande sforzo di coraggio e fantasia. Ieri respiravi solidarietà, oggi nella consapevolezza che ad aiutarti non verrà nessuno, dipende solo da te».

 

Chi la aiutava da ragazza?

franca valeri 3FRANCA VALERI 3

«Molte persone hanno contato tanto. Se ci ripenso mi pare di averle qui davanti».

 

Chi le viene in mente?

«I miei genitori. Gente favolosa. Sono stati importantissimi».

 

Perché?

«Mi hanno dato un' educazione, mi hanno fatto conoscere le cose, anche a mio padre -che pure era un industriale molto occupato- il tempo per stare con me non mancava».

 

Giocavate insieme?

franca valeri 1FRANCA VALERI 1

«Per giocare, giocavamo poco. Parlavamo. Lui mi leggeva Salgari e mi raccontava del Corsaro Nero, io andavo verso altre oscurità. Divoravo favole tremende che in violazione del precetto promettevano punizioni atroci. In Pierino Porcospino di Hoffmann, disubbidendo agli ordini materni, ai bambini succedono cose terribili. Nella prima filastrocca, Paolinetta viene lasciata sola dalla mamma che si raccomanda di non accendere i fiammiferi, pena il rischio di mandare tutto a fuoco».

 

E come finisce la filastrocca?

FEDERICO FELLINIFEDERICO FELLINI

«In maniera drammatica, come tutta la letteratura per bambini che non è triste, ma tragica. Paolinetta accende gli zolfanelli e arde con tende e mobilio. Ahimè! la fiamma la bimba investe/Ardon le trecce, arde la veste/ Corre la misera di loco in loco/ Non c' è più scampo, è tutta in foco».

Lei ha buona memoria.

«Sono giovane, cosa crede? Pensi a Dorfles. Ha appena compiuto 107 anni e ragiona ancora benissimo. L' ho conosciuto che ero una ragazzina e Gillo era già adulto».

 

Da giovane aveva idee chiare?

«Ho sempre saputo che volevo stare in teatro e che sarei finità lì, in pedana, a guardare le ombre tra le luci soffuse. Ero attratta dalle letture, dalla ripetizione dei testi, dalla recitazione. Ero sicura del mio avvenire».

 

franca valeri (2)FRANCA VALERI (2)

Il teatro è una vocazione?

«Indubbiamente. Una volta che sei rapito dal meccanismo è difficile desiderare di fare un altro mestiere. Il teatro elimina dall' orizzonte qualsiasi altro orizzonte».

 

Memorie degli inizi?

«La bocciatura in Accademia. I miei compagni già ammessi al corso erano turbati, io invece ero così contenta. Oddio che gioia- pensavo- non sarò costretta a essere prigioniera, a farmi insegnare il mestiere da questi signori».

 

Lei per l' autonomia ha avuto un debole.

`«In Emilia, con Vittorio Caprioli, mio marito, ricevetti una telefonata di Paolo Grassi che ci offriva un ingaggio. Vittorio titubava, accampava scuse, temporeggiava. Gli strappai la cornetta dalle mani: Paolo, Vittorio si permette il lusso del dubbio, io no. Domani ti raggiungo e arrivo da sola».

 

La sua esigenza di libertà era figlia di un Ventennio difficile?

«Anche durante il conflitto che fu terribile, non ho mai smarrito l' ottimismo. Volevo che l' Italia perdesse la Guerra, ne ero sicura e così è andata».

 

Di Mussolini cosa pensava?

«Che sarebbe finito male. Lui e il suo amico tedesco con i baffi. L' avevo incontrato da giovane, il Duce, su una spiaggia della riviera romagnola. Remava in uno specchio d' acqua per una di quelle ridicole dimostrazioni di virilità a uso e consumo del popolo a cui ci aveva abituati. Andai a vederlo poi un' ultima volta a Piazzale Loreto. Davanti a tutto il male che aveva provocato, l' unica consolazione era sapere che se ne sarebbe andato nel peggiore dei modi».

 

La calca, le mosche, lo scempio dei cadaveri nel caos della Liberazione. Quella giustizia sommaria non era barbarie?

franca valeri rinaldiFRANCA VALERI RINALDI

«La Guerra elimina la pietà. In Guerra vale solo la legge del taglione. Capisco che ad ascoltare certi discorsi si possa restare sconvolti, ma è disonesto affrontare la Storia retrospettivamente. Certe cose per giudicarle devi viverle e noi nella speranza di liberarci, durante il Fascismo, avevamo subìto molte nefandezze»

franca valeriFRANCA VALERI

A 96 anni cosa può dirmi del carattere degli italiani?

«Che è un mistero. Come reagiranno inglesi o tedeschi, a spanne, puoi prevederlo. Con gli italiani no. C' è sempre un sapore di inattendibilità negli italiani».

 

Il regista più importante nella sua formazione?

franca valeri merliniFRANCA VALERI MERLINI

«Strehler. Non sembrava che avrebbe ogni volta toccato il punto giusto e però, poi, magicamente lo toccava. Paradossalmente gli attori dubitavano di lui: da un lato riconoscevano la sua capacità di mettere in scena spettacoli bellissimi, dall' altro non ci credevano fino in fondo. E sì che Giorgio era il migliore».

 

Migliore di Visconti?

franca valeriFRANCA VALERI

«Come regista sì. Visconti era un fenomeno. Dispiegava il suo mondo meraviglioso, sempre uguale e immutabile, ma Strehler riproduceva la realtà con una vivezza di dettagli francamente stupefacente e i suoi spettacoli avevano qualcosa di più».

 

Visconti era perfido?

«Con me era squisito, ma in assoluto era un uomo difficile e perfido, con chi non considerava al suo livello intellettuale, sapeva essere. Renato Salvatori vide due borse con le iniziali Louis Vuitton a casa sua e si lanciò: Ahò, Luchì, te sei comprato le borse personalizzate?. Visconti lo raccontò a tutta Roma, con toni di scherno, niente affatto indulgenti.

franca valeri manfrediFRANCA VALERI MANFREDI

 

Mentre preparava Ballo in maschera poi, lo vidi tormentare un bambino siciliano solo perché si divertiva ad ascoltarlo storpiare la parola rosa.

Quello non riusciva a pronunciarla bene, arrotava la erre e Luchino ne godeva fino alle lacrime. Gliela fece ripetere 15 volte, la creatura era atterrita, totalmente ignara di essere lo zimbello momentaneo del regista di grido».

 

Pasolini era l' antiVisconti?

franca valeri zeffirelliFRANCA VALERI ZEFFIRELLI

«Non direi, a meno di non volerli affiancare perché entrambi vestivano la loro identità sessuale di grazia e verità o perché erano tormentati. Pier Paolo però, così a disagio in un certo microcosmo, a me faceva simpatia».

 

L' omosessualità era un tema dibattuto?

«Nessuno dei due aveva il problema di celare la propria inclinazione e infatti non la celavano. Vedevamo andare a venire i loro eletti a seconda della stagioni. Una sera, uno dei favoriti di Luchino, Helmut Berger, me lo ritrovai a dormire in casa. Aveva un modo di fare preoccupante, una profonda infelicità dipinta sul volto e un po', a dire il vero, mi inquietai. È strano perché da uomini e donne con personalità sono stata sempre attratta».

 

FRANCA VALERIFRANCA VALERI

E da chi altri?

«Dagli anomali, dagli spiritosi, dai cretinetti. Era pieno di deliziosi cretinetti il mio piccolo mondo antico».

 

Facciamo qualche nome?

«Ho adorato De Sica, come attore, come regista e come persona. Non posso negare che con lui si ridesse sempre di qualcun altro, ma insomma non si può sempre essere ieratici. Cattiverie e pettegolezzi più o meno innocenti fanno parte della quotidianità».

 

Altri modelli?

franca valeri littizzettoFRANCA VALERI LITTIZZETTO

«Mi piaceva Tognazzi. Bravissimo, simpatico, misterioso. Lavorò in Splendori e miserie di Madame Royal, uno dei pochi e bellissimi film di Vittorio Caprioli. Lì Ugo fu sublime».

 

C' è una ragione per la sottovalutazione critica del lavoro di Caprioli?

«La ragione era Vittorio stesso. Non si imponeva, non esercitava nessuna forma di comando, la sola ipotesi di guidare la troupe con lo scudiscio lo atterriva. Alla gestione del potere anteponeva umorismo e intelligenza».

 

Vi sposaste in Liguria.

FRANCA VALERI TOTOFRANCA VALERI TOTO

«Al confine con la Francia. Vittorio si era dimenticato di comprare l' anello. Entrò in chiesa e ne uscì di corsa per acquistare il primo che capitava. Mia madre era tra il perplesso e l' indignato: Ma il matrimonio sarà valido?».

In altre vesti, un matrimonio di fatto lei lo ebbe con Sordi.

«Viveva per fare l' attore, ma va anche detto che non aveva nessuna difficoltà a farlo bene. Il Sordi del grande schermo somigliava da vicino al vero Alberto».

 

franca valeri gassmannFRANCA VALERI GASSMANN

Tra Moretti che diceva Ve lo meritate Alberto Sordi e Mario Monicelli che ne difendeva tratto fondante e interpretazioni, da che parte sarebbe stata?

«Anche se immagino che la domanda di Moretti se la siano fatta in molti, senz' altro dalla parte di Monicelli. Un antipatico così trincerato nella sua supposta antipatia, dall' apparirmi fin dal primo istante adorabile. I registi, come gli attori, appartengono a una genìa curiosa, a un recinto molto vario».

 

E dentro al recinto che varietà si incontrano?

«Uomini molto apprezzabili, gente meno apprezzabile, persone che come Steno- al quale mi legava la stessa passione che mi affratellava a Totò, quella per i cani- pensavano di essere registi mediocri senza esserlo affatto perché avevano la leggerezza di non prendersi sul serio. E poi, professionisti che a forza di sentirsi trattare come divinità, un po' divini, alla fine, finivano per considerarsi».

 

Un nome?

«Sicuramente Fellini. Non era solo colpa sua, ma a forza di sentirsi chiamare genio aveva finito per sentirsi tale».

 

Dice davvero?

«Mi dispiace dirlo, ma penso che Fellini sia stato sopravvalutato. Aveva, è vero, qualità enormi prima tra tutte la curiosità. Ma quando andammo a vedere La strada con De Feo ed Ercole Patti ci annoiammo mortalmente.

 

FRANCA VALERI ALBERTO SORDIFRANCA VALERI ALBERTO SORDI

Per tacere di quello che si diceva di Giulietta Masina. Nora Ricci l' aveva vista vezzeggiarsi da ragazzina incinta a 60 anni e si era scatenata nei lazzi. Io mi chiedevo solamente: Perché Federico non le ha impedito di partecipare?.

 

Pensa mai alla morte?

«Provo a evitare, ma se ci proprio ci devo pensare mi dico sempre: siete certi che se ne debba parlare? Come farete senza di me?

 

» E cosa si risponde?

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«Che è troppo presto per perdere tempo con la cosiddetta morte. E io di tempo come saprà non ne ho poi molto».

 

nancy brilli con franca valeriNANCY BRILLI CON FRANCA VALERIfranca valeri ninetto davoliFRANCA VALERI NINETTO DAVOLIFRANCA VALERIFRANCA VA

                                                                FRANCA VALERI


FATTO 100, SE N’È ANDATA L’ULTIMA GRANDE ARTISTA: È MORTA FRANCA VALERI -
DOMANI POMERIGGIO LA CAMERA ARDENTE IN TEATRO A ROMA
“HO VISTO IL DUCE A PIAZZALE LORETO E NON HO PROVATO NESSUNA PIETÀ. PER ME LA GIOVINEZZA INCOMINCIÒ IL 25 APRILE: UNA GIOVINEZZA TARDIVA, MA BELLA. IN QUELL’ITALIA TUTTO PAREVA POSSIBILE” – “CON ALBERTO SORDI SUL SET STAVAMO BENISSIMO; NELLA VITA NORMALE NON CI SENTIVAMO MAI. CON TOTÒ PARLAVAMO DI CANI. E FELLINI…” –
“LA MORTE? VOGLIO PROPRIO VEDERE COSA C’È DALL’ALTRA PARTE”

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sophia loren franca valeri il segno di venereSOPHIA LOREN FRANCA VALERI IL SEGNO DI VENERE

Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera

 

Franca Valeri abita a Roma, in campagna. Non è una contraddizione: la sua casa è l’ultima di una traversa della via Flaminia antica; dopo cominciano i prati. Alle sue spalle, le foto di un secolo italiano: Franca bambina, e Franca novantenne abbracciata a Sophia Loren; «scrissi un film su due sorelle, e lo portai a Carlo Ponti.

 

Rispose: “Bella trama, perfetta per Sophia, ma tu e lei siete troppo diverse per fare le sorelle. Diventerete cugine. Una cugina napoletana e una milanese: si può fare”. Nacque così Il segno di Venere».

 

franca valeri le signorine dello 04FRANCA VALERI LE SIGNORINE DELLO 04

La pelle è fresca, quasi senza rughe. «I denti sono tutti miei. Merito di papà: era ossessionato dai denti, temeva che avessi la bocca troppo larga, e mi mandava ogni mese dal dentista, che lo tranquillizzava: «La gh’ha i orecc che la ferma».

 

Sul tavolo, accanto al pianoforte che suonava fino a poco tempo fa, ha la copertina de La Ferrarina-Taverna, la sua commedia inedita in uscita da Einaudi, e le bozze del libro che La Tartaruga pubblica per il suo centenario, e raccoglie tutte le sue opere teatrali: un pezzo di storia del nostro Paese.

 

franca valeri sordiFRANCA VALERI SORDI

C’è «La vedova Socrate», che Lella Costa porterà al festival di Siracusa e — il 31 luglio, la sera del centesimo compleanno di Franca — al Piccolo di Milano. E c’è «Non tutto è risolto», dove la protagonista torna nella vecchia casa, rivede la stufa, simbolo del passato, ritrova un figlio che forse non è davvero suo, presagisce qualcosa di irrisolto, finché non spunta una sedia a rotelle...

 

Oggi Franca Valeri è davvero sulla sedia a rotelle. Tre anni fa è caduta, si è rotta otto costole, e da allora non si alza più. È sempre lucida, ma le parole non sgorgano più spontanee; vanno distillate una a una. La aiuta a ricordare la figlia adottiva, Stefania Bonfadelli: la cantante lirica che a 17 anni vinse il concorso inventato da Franca insieme con il compagno di allora, il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi.

franca valeriFRANCA VALERI

 

Signora Valeri, qual è il suo primo ricordo? «Mio nonno Giulio che mi porta una torta. Ma io detestavo le torte. Continuavano a regalarmi dolci che non mi piacevano. Nonna Francesca invece mi regalava le bambole. Ma non mi piacevano neppure le bambole. Le chiudevo tutte in un cassettone».

 

Stamattina la Valeri ha uno scialle rosso sulle spalle, nonostante faccia caldo, e una piccola stella di David al collo. Stefania gliel’ha portata da Gerusalemme e da dieci anni non la toglie più.

 

«Papà era ebreo. Ricordo quando lesse sul giornale la notizia delle leggi razziali e pianse. Fu il momento più brutto della mia vita».

stefania bonfadelliSTEFANIA BONFADELLI

 

Non poter più andare a scuola, non poter più andare a teatro. «Preparai l’esame a casa, da privatista. Prima andavo al Parini. Provai a dare l’esame al Manzoni, sperando che non se ne accorgessero. Non se ne accorsero. L’Italia è sempre stata un po’ inefficiente».

 

Qualche giorno prima della guerra il padre di Franca — Luigi Norsa, ingegnere alla Breda — e il fratello Giulio fuggono in Svizzera, con i gioielli di famiglia cuciti nel cappotto: li avrebbero venduti per sopravvivere. Lei resta con la madre, che è cattolica: il padre pensa che non correrà pericoli. Ma quando arrivano i nazisti, Franca si deve nascondere. «Per passare il tempo leggevo la Recherche di Proust. Senza la guerra forse non sarei mai riuscita a finirla».

 

franca valeriFRANCA VALERI

Un funzionario dell’anagrafe le procura una carta di identità con il cognome della madre, Pernetta. Per qualche tempo vive in una casa di via Mozart bombardata, dove trovano rifugio altre persone braccate.

 

Tra loro c’è una ragazza che si è appena sposata. Poi Franca cerca riparo in casa di amici; «in via Mozart avevo lasciato i gatti. Così ogni tanto andavo a trovarli. Uno era nero e l’altro tigrato, si chiamavano Mignina e Milù».

 

 

 

 

franca valeri e marcello mastroianni il bigamoFRANCA VALERI E MARCELLO MASTROIANNI IL BIGAMO

Di solito il cancello era chiuso; ma quel giorno è aperto. Franca ha un’intuizione, non entra, si nasconde, e assiste alla scena: dalla casa di via Mozart escono i tedeschi, trascinando dietro i prigionieri, tra cui la sposina ebrea.

 

È una storia che le costa molto dolore ricordare. Dalla gola le esce come un gemito: «Poverinaaaa!». Perché la giovane sposa fu portata ad Auschwitz, e non è mai tornata.

FRANCA VALERI TOTOFRANCA VALERI TOTO

 

Anche per questo Franca Valeri andò a guardare i cadaveri del Duce e della Petacci appesi a testa in giù a piazzale Loreto. «Mia mamma era disperata a sapermi in giro da sola. In quei giorni a Milano si sparava ancora per strada. Ma io volevo vedere se il Duce era davvero morto. E vuol sapere se ho provato pietà? No. Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo».

Mussolini Petacci scaricati a piazzale LoretoMUSSOLINI PETACCI SCARICATI A PIAZZALE LORETO

 

«Per me la giovinezza incominciò il 25 aprile: una giovinezza tardiva. Ma è stata bella. In quell’Italia tutto pareva possibile». Il padre le aveva fatto studiare francese e inglese; cosi va a lavorare al comando americano, come interprete. Il ricordo più bello è il ritorno del papà dalla Svizzera: il citofono che suona, il trambusto sulle scale, la corsa gli uni incontro agli altri, le due donne che scendono, i due uomini che salgono, il volto del fratello Giulio, poi quello del padre.

 

franca valeri rinaldiFRANCA VALERI RINALDI

«Non vedevo l’ora che tornasse per dirgli che volevo fare l’attrice. Ovviamente, papà era contrario. Sperava che passassi la vita a dipingere».

 

Lei parte lo stesso per Roma. Si impegna ancor di più, per convincere il padre, che adora. Siccome lui non vuol saperne di vedere il proprio cognome sulle locandine dei teatri, lo cambia: non sarà Franca Norsa ma Franca Valeri, come il poeta francese.

 

All’Accademia di arte drammatica non è ammessa; in compenso alla stazione Termini conosce il futuro marito, Vittorio Caprioli. Ma quando lui parte per Parigi, con il suo amico Luciano Salce, lei deve rimanere a casa. Si rifarà più tardi, recitando a teatro in francese, e inventando il personaggio della signorina snob.

franca valeriFRANCA VALERI

 

Nelle vecchie interviste Franca racconta di non essere mai stata gelosa. Ora fa capire che non è andata proprio così. È che i rapporti tra i sessi un tempo erano diversi: «Non sono mai stata femminista, semmai maschilista» sorride.

 

Però poche hanno fatto quanto lei per la causa delle donne. È stata attrice, regista, sceneggiatrice, commediografa, scrittrice. «Sono anche diventata un’icona gay, anche se non ho mai capito perché. Ma sono fiera di esserlo».

 

Ogni tanto qualcuno mette in rete una sua imitazione della Valeri, con parrucche e tutto. Lei li considera omaggi. Il teatro, il cinema, la radio, la tv sono stati una grande avventura, che l’hanno portata accanto ai talenti dello spettacolo italiano: Giorgio Strehler — «un genio» —, Federico Fellini — «quanto l’ho fatto ridere con il personaggio della coreografa ungherese!» —, Eduardo — «tutti ne parlavano male ma con me era molto gentile» —, Alberto Sordi: «Siamo diventati amici girando Il vedovo. Sul set stavamo benissimo; nella vita normale non ci sentivamo mai, se non per gli auguri di compleanno: era nato un mese e mezzo prima di me. Non è vero che fosse tirchio, con lui non ho mai dovuto mettere mano alla borsetta... Ricordo quando firmai la regia de La strana coppia, con Monica Vitti e Rossella Falck; Alberto venne alla prima, ci abbracciammo».

 

 

franca valeri il bigamoFRANCA VALERI IL BIGAMO

Indimenticabile il necrologio che in morte di Sordi dettò al Corriere: «Ciao, Cretinetti. Franca Valeri, Milano».

 

Un rapporto speciale si era creato con altri due grandi. Tra gli attori, «Vittorio De Sica era l’amico più caro». Ma anche con Totò, notoriamente un carattere non facile, Franca aveva un punto di contatto: «I cani. Parlavamo di cani. Li ho sempre amati tanto. Lui ne aveva moltissimi, forse duecento...».

 

Per casa oggi gironzola Aroldo IV, detto Rorò: è il quarto King Charles della dinastia, nome scelto non in onore di Aroldo Tieri ma dell’opera di Verdi. Convive senza screzi con una gatta, Cocò. Nella villa di campagna, a Trevignano romano, ci sono cinque cani. Altri quattordici, accuditi da volontari, vivono nel rifugio aperto dalla Valeri con la figlia.

 

franca valeri alberto sordi piccola postaFRANCA VALERI ALBERTO SORDI PICCOLA POSTA

Una grande amica, racconta, è stata Maria Callas. «L’ho incontrata a Ischia. Era ancora sposata con Meneghini, prima dell’incontro con Onassis. Ma era già magra: mangiava pochissimo, solo carne cruda e insalata scondita. Stava studiando Anna Bolena che doveva portare alla Scala, era molto preoccupata di non sfigurare. Insieme abbiamo fatto la giuria di un concorso di bellezza... Poi preparò la Traviata con Visconti. Era una donna di grande volontà».

 

La musica leggera l’ha amata meno: una volta a Bologna Lucio Dalla gli si prostrò davanti, ma la Valeri non lo riconobbe: «Chi è quel tipo in pigiama?».

 

franca valeri peppino de filippo le signorine dello 04FRANCA VALERI PEPPINO DE FILIPPO LE SIGNORINE DELLO 04

A Parigi però aveva conosciuto Edith Piaf: Franca andò a un suo concerto, Edith venne a vedere lei alla Comédie Française. I giorni della pandemia sono scivolati lievi nella sua vita. Le abitudini non sono cambiate. I telegiornali non li ha visti: da anni in tv guarda solo la prima della Scala. «Vorrei tanto tornare un’ultima volta all’opera. Il mio sogno sarebbe rivedere ancora la Bohème».

franca valeri e alberto sordi piccola postaFRANCA VALERI E ALBERTO SORDI PICCOLA POSTA

 

Le notizie sono arrivate attutite: una brutta influenza, che ha colpito soprattutto la sua Lombardia. «È dal dopoguerra che abito a Roma, ma non ho mai perso l’accento milanese»; ora il volto di Franca si apre in un abbozzo di sorriso: «Milano è sempre stata meravigliosa».

 

franca valeri de filippoFRANCA VALERI DE FILIPPO

Ha anche una nipotina, Lavinia, figlia di Stefania, che protegge dalle sgridate della madre. Una vita così lunga, spiega, è stata una sorta di risarcimento, per quello che ha sofferto da ragazza.

 

Spunta una lacrima dagli occhi acquosi di Franca Valeri. È il segno che l’incontro è finito. E questa casa costruita dove finisce la grande città sembra il luogo appropriato per una persona giunta — con serenità — ad affacciarsi sull’orlo dello spavento supremo, del grande mistero.

 

La Valeri non crede in Dio, ma ogni tanto recita una preghiera ebraica. Alla morte cerca di non pensare; ma a cent’anni è difficile non farlo. Qualche volta prevale la paura, qualche altra la curiosità. Perché «voglio proprio vedere cosa c’è dall’altra parte».

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