sabato 30 giugno 2018

                                                        FALCONE E BORSELLINO


BRUNO CONTRADA DI NUOVO NEL MIRINO! - LA DIA A CASA DELL’EX NUMERO DUE DEL SISDE: CERCAVA DOCUMENTI UTILI ALL'INCHIESTA SULL'OMICIDIO DI NINO AGOSTINO, POLIZIOTTO CON LEGAMI CON GLI 007, TRUCIDATO NEL 1989 INSIEME ALLA MOGLIE IDA, INCINTA DI 5 MESI - A MANDARE GLI AGENTI DA CONTRADA È STATA LA PROCURA GENERALE DI PALERMO CHE IPOTIZZA…
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Lara Sirignano per “il Messaggero”

BRUNO CONTRADABRUNO CONTRADA
Dei quattro l' unico vivo è lui: Bruno Contrada, ex numero due del Sisde marchiato da una condanna a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, revocata un anno fa dalla Cassazione. Gli altri tre, Emanuele Piazza, Nino Agostino e Giovanni Aiello, tutti a libro paga dei Servizi, sono morti. Due ammazzati, uno d' infarto.

Destini legati, protagonisti di gialli irrisolti scritti in un'epoca in cui la linea di demarcazione tra buoni e cattivi, a Palermo, poteva essere assai sottile. Storie che oggi tornano a incontrarsi. La Dia ha bussato ieri a casa Contrada: cercava documenti utili all' inchiesta sull' omicidio di Agostino, poliziotto con legami con gli 007 trucidato nel 1989 insieme alla moglie Ida, incinta di 5 mesi, a Villagrazia di Carini, nel palermitano.

FACCIA DA MOSTRO
NINO AGOSTINO E LA MOGLIENINO AGOSTINO E LA MOGLIE
A mandare gli agenti dall' ex funzionario del Sisde è stata la Procura generale di Palermo che un anno fa ha avocato l' inchiesta sul delitto, dopo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura del capoluogo. Sospettati della morte di Agostino sono i boss Nino Madonia e Gaetano Scotto. Un terzo indagato, Giovanni Aiello, ex agente di polizia passato ai Servizi, detto faccia da mostro per una profonda ferita al volto, è morto un anno fa in Calabria. Un passato di addestramento militare in una base top secret in Sardegna, è stato descritto come una sorte di killer di Stato, uno che veniva usato dall'intelligence per le operazioni sporche.

NINO AGOSTINONINO AGOSTINO
Contrada e Aiello si conoscevano bene. Erano colleghi. Agostino avrebbe collaborato con loro nella caccia ai latitanti mafiosi. Come Emanuele Piazza, ucciso nel 1990 col metodo della lupara bianca in circostanze ancora oscure e mai più ritrovato. Solo che, secondo la ricostruzione della procura generale, a un certo punto Agostino avrebbe tentato di tirarsi indietro.

Era preoccupato, voleva cambiare ufficio «per non finire nel calderone», hanno raccontato i familiari che da anni chiedono la verità sull' omicidio. «Voleva andare via per timore di essere coinvolto in situazioni compromettenti scaturite da rapporti torbidi tra appartenenti alle forze dell' ordine e realtà criminali», scrivono i magistrati nel decreto di perquisizione. E qualcuno glielo avrebbe impedito uccidendolo.

BRUNO CONTRADA ESCE DAL CARCEREBRUNO CONTRADA ESCE DAL CARCERE
I DUBBI DI NINO
Secondo gli inquirenti, dunque, dopo una prima collaborazione investigativa con Contrada e Aiello, Agostino avrebbe cominciato ad avere dubbi sulla natura delle relazioni tra i colleghi e boss di peso come i Galatolo e i Madonia - i pentiti raccontano di frequenti visite dei due poliziotti a casa del boss Vincenzo Galatolo - e avrebbe cambiato atteggiamento. Tanto che, raccontano sempre i collaboratori di giustizia, in Cosa nostra avevano preso a chiamarlo «cornutone».

aiello giovanni -faccia-da-mostroAIELLO GIOVANNI -FACCIA-DA-MOSTRO
La mafia temeva che Agostino parlasse? Questa pare l'ipotesi dei magistrati. Di certo l' agente è stato assassinato. E dopo qualche mese è sparito nel nulla Emanuele Piazza, amico della vittima che aveva cominciato a indagare sulla sua morte. I nomi di Piazza e Agostino sono stati tirati in ballo anche nel giallo del fallito attentato all' Addaura a Giovanni Falcone, del 21 giugno del 1989. I due agenti potrebbero aver visto uno dei Galatolo mettere sugli scogli l' esplosivo che avrebbe dovuto eliminare il magistrato. Il mafioso, vendendoli, si sarebbe buttato in acqua. Ma sulla scena dell' agguato sarebbero stati presenti anche altri 007. Il timore degli uomini dei Servizi e di Galatolo di essere stati riconosciuti da Piazza e Agostino sarebbe stato il movente dei due delitti.

BRUNO CONTRADA NEL 1998BRUNO CONTRADA NEL 1998
A distanza di anni gli interrogativi restano aperti. Per la procura gli elementi raccolti non sarebbero stati tali da sostenere l' accusa in un processo. I colleghi della Procura generale, invece, hanno deciso di continuare a cercare, anche insospettiti da alcune frasi intercettate, dette da Contrada al figlio. «Non mettere in disordine. I fascicoli, le carte e i libri me li sistemo io poco alla volta», diceva a marzo l' ex poliziotto. Parole che hanno fatto pensare a documenti nascosti.

I DOCUMENTI
Ma dalla perquisizione i magistrati non avranno grande aiuto.
aiello giovanni -faccia-da-mostroAIELLO GIOVANNI -FACCIA-DA-MOSTRO
La Dia se ne è andata con un album di vecchie foto che ritraggono Contrada con l' ex capo della Mobile di Palermo Boris Giuliano e l' inizio di una lettera, mai spedita, indirizzata al pm Nino Di Matteo in cui l' ex 007 tentava di chiarire alcuni aspetti della sua deposizione sul delitto Agostino. «È una persecuzione giudiziaria», commenta il legale dell' ex funzionario di polizia, l' avvocato Stefano Giordano.

venerdì 29 giugno 2018

                                                           FALCONE E BORSELLINO

Omicidio Nino Agostino, perquisita l’abitazione dell’ex 007 Bruno Contrada: sequestrate foto e appunti sul delitto

Omicidio Nino Agostino, perquisita l’abitazione dell’ex 007 Bruno Contrada: sequestrate foto e appunti sul delitto

A ordinare la perquisizione nell'abitazione dell'ex numero due del Sisde è stata la procura generale di Palermo, cha ha avocato l'indagine sul delitto del poliziotto dopo la richiesta di archiviazione presentata dai pm del capoluogo. Per l’omicidio sono iscritti nel registro degli indagati i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto. L'avvocato dell'ex superpoliziotto: "Questa è una persecuzione giudiziaria"
Sono tornati a casa di Bruno Contrada per perquisirla. E questa volta gli investigatori della Dia cercano elementi utili all’inchiesta sull’omicidio dell’agente Nino Agostino, ucciso assieme alla moglie Ida a Villagrazia di Carini, nel 1989. A ordinare la perquisizione nell’abitazione dell’ex numero due del Sisde è stata la procura generale di Palermo, cha ha avocato l’indagine sul delitto del poliziotto dopo la richiesta di archiviazione presentata dai pm del capoluogo.
Per l’omicidio sono iscritti nel registro degli indagati i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto. Del fascicolo sono titolari il procuratore generale Roberto Scarpinato e i sostituti Domenico Gozzo e Umberto De GiglioNel marzo scorso i magistrati avevano disposto accertamenti su una calibro 38 trovata in un arsenale della mafia in contrada Giambascio, a San Giuseppe Jato, nel 1996. Tra fucili, mitragliatori, munizioni, mine anticarro e congegni elettrici del boss Giovanni Brusca, venne sequestrata una pistola che ha attirato l’interesse degli inquirenti. L’arma, che i boss hanno cercato di alterare e che è stata danneggiata, verrà esaminata dai consulenti della procura generale, da quelli dei due indagati per il delitto, e dal perito del gip. Gli accertamenti, che dovranno valutare se c’è compatibilità tra la calibro 38 ritrovata e la pistola usata dai killer, verranno svolti nel corso di un incidente probatorio il 18 luglio.

Nel frattempo gli investigatori sono andati a casa di Contrada dove hanno sequestrato due album di foto del periodo in cui il poliziotto era capo della Mobile di Palermo, alcune carte processuali relative al processo dell’ex 007 e un suo memorandum con alcuni appunti sul delitto Agostino. “Contrada non è indagato”, ha detto il suo legale Stefano Giordano. Le perquisizioni proseguiranno anche in altri due immobili di proprietà dell’ex superpoliziotti, uno in via dei Cantieri, a Palermo, e un villino a Carini.
“Questa è una persecuzione giudiziaria che va avanti da anni. Attendiamo che finisca, ma è evidente che a un anno dalla sentenza della Cassazione, che ha revocato la condanna di Contrada, qualcuno ha dimenticato che il mio assistito è e rimane un uomo innocente e incensurato”, ha detto l’avvocato Stefano Giordanocommentando la perquisizione in casa del suo assistito. Contrada venne condannato per concorso in associazione mafiosa a dieci anni. Dopo un tentativo di revisione dichiarato inammissibile, si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. E nel 2015 i giudici, con una sentenza che ha fatto discutere, hanno condannato l’Italia a risarcire il funzionario, nel frattempo radiato dalla polizia, sostenendo che non andava processato nè condannato. Questo perché il reato di concorso in associazione mafiosa ha assunto una dimensione chiara e precisa solo con la sentenza Demitry, del 1994. E Contrada era finito davanti ai giudici per fatti precedenti a quella data. Uno spunto, quello della pronuncia della Cedu, che Giordano ha usato per chiedere, tramite un incidente di esecuzione, la revoca della condanna. Ma la Corte d’appello di Palermo giudicò il ricorso inammissibile e la partita sembrava chiusa. Fino a quando, un anno fa, la Cassazione ha annullato senza rinvio la decisione dell’appello revocando la condanna e privando il verdetto della eseguibilità e degli effetti penali. Come l’interdizione dai pubblici uffici.
Antonino Agostino era un poliziotto in servizio alle volanti del commissariato San Lorenzo. Lo stesso commissariato al quale era stata affidata la vigilanza della villa dell’Addaura dove soggiornava Giovanni Falcone nel periodo del fallito attentato, scoperto il 21 giugno 1989, poche settimane prima dell’omicidio di Agostino e della moglie. Alla veglia funebre della giovane coppia, in base ai ricordi del padre di Agostino, Vincenzo, Falcone disse che doveva la vita al figlio. Secondo il commissario Saverio Montalbano, dirigente del commissariato di San Lorenzo, il giudice poi morto a Capaci gli disse che “quest’omicidio è stato commesso contro di me e contro di te”. E per attentare alla vita del magistrato, nel giugno del 1989, furono usati candelotti di Brixia B5, come quelli rinvenuti a San Giuseppe Jato, nella tenuta di Brusca. Che, ricorda la sentenza della Corte d’assise di Firenze sulla strage del Rapido 904, disse: “Quando non si otteneva il risultato [di aggiustare processi o piegare giudici e pubblici ufficiali], si andava per le vie criminali, [uccidendo] magistrati o chi non si metteva a disposizione”.
Solo anni dopo l’omicidio i collaboratori di giustizia fecero il nome dei presunti autori materiali, Scotto e Madonia, che avrebbero agito con la complicità di un ex agente di pubblica sicurezza morto nell’agosto 2017: era Giovanni Aiello, conosciuto anche come “faccia da mostro“, accusato per anni di essere in realtà un killer con il tesserino dei servizi in tasca al servizio delle cosche.

giovedì 28 giugno 2018

                                                              L'INVASIONE

Lifeline, la nave ha attraccato a Malta. 8 Paesi: “Sì a redistribuzione dei migranti” Ma Berlino si tira fuori: “Nessuno da noi”

Lifeline, la nave ha attraccato a Malta. 8 Paesi: “Sì a redistribuzione dei migranti” Ma Berlino si tira fuori: “Nessuno da noi”
La Valletta: l'imbarcazione, che ha a bordo 234 persone, “sarà sequestrata per avviare un’indagine”. Il sì alla proposta del governo Muscat neutralizza per la prima volta il Trattato di Dublino. Toninelli: "Grande vittoria italiana". Il ministro tedesco Seehofer annuncia il suo no dopo l'attracco. Salvini: "Italia darà altre 12 motovedette alla Libia"
L’odissea della Lifeline si è conclusa poco dopo le 19. La nave carica di migranti bloccata da sei giorni nel Mediterraneo è sbarcata a Malta e le 234 persone a bordo verranno ripartite tra otto paesi Ue: oltre a Malta, Italia, Francia, Irlanda, Portogallo, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Non andranno, invece, in Germania, che pure negli ultimi giorni si era mostrata possibilista. Il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, ha affermato davanti al Parlamento che il Paese non accoglierà nessuno: “Al momento non c’è una necessità di azione per la Repubblica federale tedesca”, ha affermato. Anche in futuro ci lasceremo guidare dai principi di “umanità e ordine” e l’obiettivo è evitare di creare un “precedente“.
Il premier Joseph Muscat ha annunciato stamattina il via libera avvertendo tuttavia che si è trattato di un “caso unico” perché il capitano della Lifeline “ha ignorato le leggi internazionali” e quindi l’imbarcazione della ong verrà posta sotto sequestro per un’indagine. Non è della stessa opinione il governo italiano, secondo cui la conclusione della vicenda costituisce un precedente inedito, perché di fatto neutralizza per la prima volta il trattato di Dublino che prevede invece che la responsabilità dell’asilo ricada sul Paese di primo approdo dal quale il richiedente ha fatto il proprio ingresso nell’Unione. E’ quanto hanno voluto evidenziare subito sia Danilo Toninelli che, ritwittato dal premier Giuseppe Conte, scrive di “una grande vittoria dell’Italia”. Anche Matteo Salvini parla di “successo italiano: dopo anni di parole, arrivano i fatti”, annunciando che l’Italia donerà alle autorità di Tripoli altre 12 motovedette per pattugliare le coste del Mediterraneo.
La giornata della Lifeline è stata lunga. L’empasse sembrava si fosse sbloccata ieri dopo l’incontro a Roma tra Conte ed il presidente francese Emmanuel Macron ed una serie di telefonate incrociate tra le cancellerie europee che avevano dato il via libera alla redistribuzione immediata dei migranti a bordo in un gruppo di paesi Ue, su base volontaria. L’imbarcazione tuttavia ha ricevuto solo nella tarda mattinata di oggi l’autorizzazione ad entrare in acque maltesi, e soltanto per ripararsi dal maltempo. Tra le proteste della ong, che ha accusato il ‘falco’ del governo tedesco, il ministro dell’Interno Seehofer (bollato come “il Salvini tedesco“), di boicottare i soccorsi.

A dire no alla proposta di Muscat sono state Spagna e Germania, quest’ultima in particolare sull’orlo della crisi di governo per la distanza di posizione proprio sui migranti tra Angela Merkel e Seehofer. Secondo l’agenzia di stampa tedesca Dpa, Seehofer in un primo momento si era detto favorevole alla accoglienza dei profughi, ma solo ad una serie di condizioni, prima fra tutte che la nave venissi sequestrata e mai più usata successivamente. Martedì l’accordo sembrava già finalizzatoBassa Sassonia e Brandeburgo, due Land in mano alla Spd, avevano offerto la loro disponibilità, ma erano vincolati al via libera del ministro dell’Interno tedesco. Che, dopo l’attracco della naveva Malta, ha ufficializzato il suo no all’accoglienza.
Una decisione rischiosa per l’alleanza tra la Cdu della Merkel e la Csu bavarese che rischia di avere pesanti ripercussioni sul governo, tanto che la presidente Spd Andrea Nahles non ha escluso che si torni al voto: “Abbiamo una situazione in cui Seehofer e la Csu propongono qualcosa che avrà effetti su tutta Europa – ha detto in tv dopo il vertice di ieri sera in cancelleria, dove la coalizione ha affrontato la crisi di governo scatenata dal ministro dell’Interno -. Si tratta di un effetto domino. Noi riteniamo questo modo unilaterale di procedere ai respingimenti come incompatibile con il diritto europeo”.
L’approdo della Lifeline nel suo porto maltese si è concluso positivamente poco prima delle 20. Muscat ha rivendicato la corretta gestione del caso, spiegando di aver incassato il sostegno del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. E ricordando che Malta fa il suo dovere sui migranti, perché “è il secondo paese per numero di richiedenti asilo accolti pro capite in Europa” ed “il primo a compiere il suo dovere nel piano di ricollocamento da Italia e Grecia”.
Il premier maltese ha colto l’occasione anche per stemperare le tensioni con Roma, con cui da tempo c’è un rimpallo delle tante imbarcazioni cariche di profughi africani in cerca di approdo in Europa. Ultimo, in ordine di tempo, il caso della Aquarius, accolta dalla Spagna dopo un lungo pellegrinaggio in mare e feroci scambi di accuse tra Roma e La Valletta. Muscat ha chiarito che sulla Lifeline “non c’è stato uno scontro tra due stati membri”. Piuttosto, l’imbarcazione risulta “nave da diporto e come tale non può compiere intercettazioni di naufraghi” ed ha ignorato gli ordini di affidare i migranti alla guardia costiera libica. Da qui il sequestro e l’avvio di un’inchiesta.

mercoledì 27 giugno 2018

                                                                     STRAGI

Strage di Bologna, le indagini della procura generale: “Dagli Usa soldi a Gelli. Che poi finanziava Cavallini”

Strage di Bologna, le indagini della procura generale: “Dagli Usa soldi a Gelli. Che poi finanziava Cavallini”

Gli investigatori hanno ricostruito come tra il 1978 e il 1982 l'ex maestro venerabile avesse accesso a un conto in Svizzera alimentato da versamenti provenienti da Washington. Da lì prelevava le somme poi girate all'ex Nar, unico imputato nel nuovo processo sulla strage in cui morirono 85 persone mentre più di 200 rimasero ferite.

C’era un filone di denaro che arrivava dagli Stati Uniti e finiva su un conto svizzero di Licio Gelli. E da lì passava nelle disponibilità di Gilberto Cavallini, ma anche a gruppi eversivi della destra veneta. È la scoperta fatta dalla procura generale di Bologna guidata da Ignazio De Francisci, che indaga sui mandanti e finanziatori della strage della stazione del 2 agosto del 1980. A raccontarlo è l’edizione locale di Repubblica: gli investigatori hanno ricostruito come tra il 1978 e il 1982 Gelli avesse accesso a un conto in Svizzera alimentato da versamenti provenienti da Washington. Da lì prelevava le somme poi girate a Cavallini, unico imputato nel nuovo processo sulla strage in cui morirono 85 persone mentre più di 200 rimasero ferite.
L’indagine è stata avocata dalla procura generale nell’ottobre del 2017, quando la procura aveva chiesto di archiviare il fascicolo aperto su input dei legali dell’associazione tra familiari delle vittime. Sembra quasi che De Francisci, magistrato che ha cominciato la sua carriera negli anni ’80 alla procura di Palermo, abbia seguito il metodo inventato da Giovanni Falconenell’inchiesta sulla Pizza Connection: “Follow the money“, segui i soldi. L’ipotesi è che sulla strage di Bologna Gelli non abbia solo depistato – come dicono le sentenze – ma sia stato tra i mandanti.

L’avvocato generale Alberto Candi e il sostituto pg Nicola Proto seguono da mesi le tracce del denaro a cui si fa cenno nel ” “Bologna Bologna – 525779 – X.S.”, in cui c’è traccia di un conto aperto dal venerabile alla Ubs di Ginevra, proveniente dal fascicolo del processo per il crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Informazioni incrociate con quelle contenute nell’agenda sequestrata a Cavallini al momento del suo arresto il 12 settembre 1983. Come raccontato dal Fatto Quotidiano nei mesi scorsi gli investigatori hanno inviato una rogatoria in Svizzera per fare luce sui conti correnti cifrati dell’ex maestro venerale della P2 e attendono una risposta da parte delle autorità elvetiche. Nel frattempo, però, hanno cominciato una serie di interrogatori nel riserbo più totale convocando anche storici collaboratori di Gelli.
“Anche da indagini passate non è mai emerso che Gilberto Cavallini abbia preso soldi da Licio Gelli“, dice l’avvocato Gabriele Bordoni, difensore dell’ex Nar attualmente imputato di concorso nella strage. Dalla Procura generale, invece, nessun commento. Giovedì, intanto, riprende il processo a Cavallini con la prosecuzione della testimonianza di Giusva Fioravanti, condannato in via definitiva per la strage insieme a Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Lo stesso Fioravanti, nelle scorse udienze, ha avanzato le sue perplissità su Cavallini.  “Ai tempi Cavallini mi parlava di Zio Otto (Carlo Digilio, armiere di Ordine Nuovo e poi collaboratore di giustizia), ma non gli chiesi chi era – ha spiegato l’ex leader dei Nar -, perché ognuno di noi aveva le proprie carte coperte. E visto che io sono sicuro al 99% che Digilio fosse Zio Otto, mentre Cavallini lo nega, la cosa mi turba molto. Immagino che lo faccia perché questa cosa lo imbarazza e vuole allontanare da sé l’errore di aver avuto rapporti con uno che quando fu interrogato dal giudice Guido Salvini disse di aver lavorato per 20 anni con i servizi segreti militari e non. Io su Cavallini sospendo il giudizio”.

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