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Pamela Mastropietro, la ragazza romana fatta a pezzi a Macerata il 30 gennaio del 2018, "non è morta di overdose, è stata uccisa da Oseghale con due coltellate. Chiedo l'Ergastolo e 18 mesi di isolamento duro". Così il sostituto procuratore Stefania Ciccioli nella requisitoria davanti alla Corte di Assise di Macerata nel processo che vede imputato Innocent Oseghale con l'accusa di aver stuprato, ucciso e fatto a pezzi la ragazza romana.

Il sostituto procuratore Ciccioli ha ricostruito i fatti secondo l'accusa a partire dal momento in cui i resti sono stati ritrovati chiusi in due trolley a Pollenza, attraverso l'esito delle indagini e i risultati delle consulenze. Ricordando l'esito degli accertamenti dei consulenti dell'accusa, il medico legale Mariano Cingolani e il tossicologo Rino Froldi, il sostituto procuratore ha osservato che "la morte di Pamela è avvenuta per le due ferite penetranti alla sede basale emitoracica destra dovendosi escludere l'overdose". In base agli esami tossicologici "Pamela era sì, nel momento della morte, sotto effetto di oppiacei" ma i dati rilevati "non sono coerenti con un'overdose".

I consulenti dell'accusa hanno scritto nella loro relazione, ha ricordato Ciccioli, che le due coltellate al fegato sono state inferte quando Pamela era viva e la "lesività ha svolto un ruolo nel determinismo della morte". "La vittima, quando ancora era in vita, - ha detto Ciccioli - è stata attinta alla base del torace a destra da almeno due colpi di arma da punta e taglio". La vitalità delle ferite ossia il fatto che siano state cagionate a Pamela da viva in una zona idonea a provocare un'emorragia tale da causare la morte, secondo il sostituto procuratore, è confermata a più livelli e da più esami.

"Ci sono evidenti caratteri macroscopici di vitalità" delle lesioni "che hanno osservato tutti coloro che hanno avuto modo di vedere il cadavere" ma, ha poi proseguito il sostituto procuratore, "l'infiltrazione emorragica è presente anche a livello microscopico, sui vetrini" osservati. Infine "per scrupolo maggiore" il consulente medico legale ha svolto ulteriori accertamenti utilizzando "tre marcatori. E nonostante il modo in cui il cadavere di Pamela è stato deturpato e oltraggiato, i marcatori hanno confermato la presenza di segni vitali delle lesioni". Sul fatto che le ferite al fegato sono state inferte a Pamela da viva, secondo l'accusa, ci sono dunque "univoci risultati rispetto a tutti i test eseguiti: macroscopici, microscopici e istochimici".

Le due ferite al fegato "hanno determinato la morte", ha continuato Ciccioli sulla base delle stesse valutazioni dei medici legali dell'accusa e di parte civile. Passando poi agli esiti degli esami tossicologici, ha ricordato Ciccioli, "l'overdose si deve escludere categoricamente. Non c'è stata overdose né nel senso di mera intossicazione né nel senso letale ossia come causa della morte".

Per l'accusa, che ha ripercorso gli esiti degli esami tossicologici, "le concentrazioni di morfina erano talmente basse da essere incompatibili con l'idea di overdose". Nella requisitoria Ciccioli ha parlato della "certezza assoluta che non vi è stata overdose, non è stata l'assunzione di quel minimo quantitativo di eroina a cagionare la morte di Pamela Mastropietro".

Un altro elemento da considerare, secondo Ciccioli, è poi che le due coltellate al fegato sono del tutto avulse dalle altre lesioni fatte per depezzare il cadavere: "il cadavere di Pamela non è stato tagliato come capitava, ma si è parlato da parte dei medici di una vera e propria disarticolazione cadaverica" che, ha sottolineato Ciccioli, è stata fatta "con perizia". Le due coltellate al fegato sono state "inferte nel raptus omicida da Oseghale mentre tutti gli altri tagli sono funzionali alla disarticolazione fatta in un secondo momento", ha osservato.

Alcune parti anatomiche del corpo di Pamela sono state "soppresse" al chiaro scopo di "nascondere la responsabilità di quanto commesso". Così come il lavaggio con la candeggina sui resti è avvenuto per "eliminare le tracce che avrebbero potuto portare prove a suo carico", continua il sostituto procuratore.

Pamela "prima di essere uccisa, è stata costretta a subire violenza sessuale e l'autore di questa violenza è stato Innocent Oseghale". Ha detto il sostituto procuratore. "Oseghale ha compiuto atti sessuali senza il consenso di Pamela che si trovava in quel momento sotto effetto di sostanza stupefacente e non ha mai potuto esprimere un valido consenso a intrattenersi sessualmente con la persona che aveva davanti - ha detto il pm - E' stata uccisa perché ha voluto sottrarsi a tutto quello che stava capitando nell'abitazione di Oseghale".

Secondo il sostituto procuratore il fatto stesso che ci sia stata una "estrema accuratezza" nel lavare il cadavere con la candeggina va "interpretato come univoco segno di interesse a cancellare tracce di rapporti sessuali", anche se come ricordato sono state trovate comunque trovate tracce di dna dell'imputato, e sempre con il fine di nascondere rapporti si spiega secondo l'accusa "l'asportazione dei genitali". Non solo. "A Oseghale non bastava aver avuto rapporti sessuali con la vittima, lo ha chiesto anche ad altri", ha continuato Ciccioli ricordando le intercettazioni in cui Awelima Lucky raccontava la telefonata in cui Oseghale gli proponeva di avere rapporti con Pamela. "Oseghale conosceva le condizioni di inferiorità di Pamela" ha detto Ciccioli aggiungendo che l'imputato ha "approfittato del desiderio irrefrenabile della ragazza di assumere eroina".

Per il sostituto procuratore "Pamela voleva fuggire, doveva tornare a casa, ma non gli è stato permesso di uscire dalla casa. Oseghale quando è uscito a portare la droga, ha chiuso l'appartamento: Pamela era segregata in casa, non poteva fuggire e non aveva il cellulare". Per Ciccioli infatti Pamela "è stata uccisa perché ha voluto sottrarsi a tutto quello che stava capitando nell'abitazione di Oseghale".