1. IN 10 HANNO VISTO MORIRE DESIRÉE MA NESSUNO HA DATO L' ALLARME: C' ERANO ANCHE DUE DONNE ITALIANE –UNA TESTIMONE: UN QUINTO UOMO, NORDAFRICANO, EBBE RAPPORTI CON LEI
2. IL PAPA’, IN PASSATO ARRESTATO PER SPACCIO, RIFERISCE DI AVERLA AFFRONTATA NEL PARCHEGGIO DEI BUS DI LATINA, DOVE QUASI FINIVA IN RISSA CON I PUSHER EXTRACOMUNITARI CHE ERANO CON LEI - QUELLA VOLTA CHE LA PRESE A SCHIAFFI PERCHE’ AVEVA...
Fulvio Fiano e Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera
Mentre Desirée Mariottini moriva, nel palazzo di San Lorenzo c' erano almeno dieci persone. L' hanno vista, toccata, spogliata e rivestita, spostata. Ma nessuno ha fatto nulla per salvarla. Quattro erano donne, due italiane.
Nessuna di loro ha chiamato la polizia o i soccorsi. È questo l' agghiacciante dettaglio che ricorre nei verbali dei testimoni ascoltati in queste ore dalla polizia e dai magistrati.
Hanno lasciato che fosse imbottita di droga e stuprata fino a perdere la vita. E adesso tutti ne dovranno rispondere.
Anche perché in quello stabile occupato la giovane ci andava da oltre un mese e svariate volte ci aveva passato la notte. Aveva 16 anni, ma viveva da adulta, vittima della sua dipendenza dalla quale nessuno - nemmeno la sua famiglia - è riuscita evidentemente a salvarla.
Racconta Muriel 34 anni, congolese: «Si presentò come Desy ed era alla ricerca di qualunque sostanza che potesse attenuare la sua astinenza. Mi disse che sarebbe diventata maggiorenne la settimana dopo. Una volta mi chiese di iniettarle eroina, ma io risposi in maniera negativa. Era sprovvista di denaro e si approcciava in maniera troppo insistente e confidenziale con qualsiasi persona che avrebbe potuto offrirle droga. L' ho rivista una seconda volta in compagnia di una ragazza di colore che conosco con il nome di "Antonella". Entrambe assumevano crack attraverso un inalatore artigianale. Le ho redarguite entrambe, ma loro hanno continuato senza curarsene». Si arriva al giorno della tragedia: «Giovedì alle 19.50 ero lì per comprare cocaina e un tunisino di circa 40 anni, Hytem, mi invitava a seguirlo all' interno di un container dove vi era una ragazza sdraiata priva di conoscenza.
L' ho rivestita, anche se le scarpe non le ho trovate. La ragazza, seppur con affanno, respirava ma era in stato del tutto incosciente. Ma non mi sono resa conto che fosse in pericolo di vita, avendo visto altre persone appena "fatte" che poi si riprendono in pochi istanti. Alle 3 di notte Youssef (Yusif Saila, fermato a Foggia) mi disse che era morta».
Giovanna, 32 anni, italiana, incrocia Desirée intorno al 10 ottobre. «Mi disse che avrebbe compiuto presto i 18 anni.
La sua mi sembrò una presenza strana e inopportuna, in quanto oltre ad essere minorenne era fuori da quel contesto, depressa e sempre alla ricerca di una dose. Più volte ho cercato di dissuaderla, non tanto dal drogarsi, quanto dal frequentare quello stabile perché frequentato da tossici e spacciatori pericolosi».
Alle 7,30 di giovedì Giovanna vede Desirée entrare nel palazzo. «Io stavo uscendo da lì e l' ho incrociata mentre si dirigeva al tavolo di Sisko e Ibrahim (Chima Alinno e Brian Minteh, ndr). Lasciai anche la mia amica Noemi all' interno dell' edificio, seppure la avessi invitata più volte ed addirittura schiaffeggiata per convincerla a venire via con me proprio perché sapevo che quel posto era pericoloso soprattutto per una "non africana" o "bianca"».
Verso l' 1,30 di venerdì Giovanna incrocia Muriel. Ora racconta: «Inveiva contro Desirée, gridando testualmente "sta zo..., sta tr..., poi mi ha salutato come se nulla fosse». Giovanna entra: «Su un materasso c' era Desirée esanime, tanto da indurmi a verificare il battito del cuore prima sul petto e poi sul collo e sul polso ed a tentare di farle un accenno di massaggio cardiaco. Ma mi sembrò subito evidente che ormai fosse troppo tardi. Dal suo aspetto capii che era in quelle condizioni da molte ore e gridai di chiamare subito un' ambulanza».
Noemi, 26 anni, italiana, dice che va nello stabile per portare cibo e abiti puliti: «Ho notato Desirée intorno alle 12 di giovedì perché non l' avevo mai vista prima. Venni attirata dalla sua giovane età e le chiesi che cosa stesse facendo. Mi rispose che cercava eroina ma che non aveva denaro per pagarla. A questo punto, notando lo stato di astinenza e temendo per la sua incolumità, mi offrii di accompagnarla presso un Sert e le consigliai di andarsene da quel posto, non certo adeguato a una ragazza sola». Noemi dice di aver saputo che era morta dalla coinquilina Giovanna: «Mi svegliò bruscamente intorno alle 5 del mattino e disse che era da poco morta una ragazza giovanissima in via dei Lucani. Il mio pensiero andò subito a Desirée».
In questura sono stati ascoltati anche i genitori della ragazza, separati da tempo. Dice la madre: «Ad agosto ho trovato alcuni messaggi di una certa Chiara su messanger nei quali invitava Desirée a recarsi a Roma per passare la notte. Dal tono ho capito che Chiara facesse uso di droga e fosse amica dei pusher». La signora Barbara si affida all' ex compagno, noto pusher del pontino, per aiutare la figlia. L' uomo riferisce di averla affrontata una volta nel parcheggio degli autobus di Latina, dove quasi finiva in rissa con gli extracomunitari che erano con lei.
Un' altra volta la fa salire in auto, litigano e lui la schiaffeggia. Desirée sale a casa e dopo 40 minuti scende la mamma che invita il padre ad andare via «perché era delusa dal mio comportamento».
IL PAPA'
Valeria Pacelli per il Fatto Quotidiano
Il cerchio intorno alla terribile morte di Desirée Mariottini non è affatto chiuso. Oltre i quattro fermati, gli investigatori sono al lavoro per identificare altre persone che tra il 17 e il 19 ottobre scorso in un immobile in via dei Lucani, nel quartiere romano di San Lorenzo, hanno avuto contatti con la 16enne, abusando di lei, cedendole sostanze o anche solo non chiamando i soccorsi quando già stava male.
Per ora quattro sono accusati di omicidio volontario aggravato e violenza sessuale.
Per Gara Mamadou, detto Paco, il più giovane, un senegalese di 27 anni, il connazionale Brian Minteh (detto Ibrahin) di 43 anni e il nigeriano, Chima Alinno di 46 anni, detto Sisco, il gip ha già convalidato la misura cautelare in carcere. E poi c' è un quarto uomo, fermato a Foggia, il ghanese Yusuf Salia, detto Youssef.
Secondo la ricostruzione dei pm Maria Monteleone e Stefano Pizza alla ragazza è stato somministrato un mix di metadone e benzodiazepine. Poi sono arrivate le violenze.
Adesso però gli investigatori stanno cercando un italiano, un tale Marco, che qualcuno racconta essere amico di Desirée. Come pure un nordafricano di nome Samir: secondo un informatore anche lui avrebbe avuto rapporti con la ragazza tra il 17 e il 18 ottobre scorso. Ma su queste e altre circostanze i testimoni forniscono versioni contrastanti.
Sentito dagli agenti della Squadra Mobile, guidata da Luigi Silipo, un bulgaro di 32 anni racconta: "Quando l' ho vista si bucava da sola, nessuno l' aiutava". La circostanza viene contraddetta da un' altra testimone, una congolese di 34 anni: "Quando la vidi la prima volta mi è rimasto impresso che la stessa, che si era già procurata un piccolo quantitativo di eroina, era alla ricerca di una persona che le iniettasse la sostanza".
Lei non l' aiutò, ma il sospetto è che qualcun altro dei frequentatori dello stabile possa aver fatto diversamente.
Al bulgaro gli investigatori chiedono anche di un tale Koffy, che pure stanno cercando di identificare: "Era colui che vendeva la cocaina, era quello che mentre Desirée si trovava all' interno con Sisko mi diceva di non entrare. () Youssef era quello che diceva di non chiamare la polizia o aiuto perché sarebbe successo un casino".
Dell' italiano, Marco, invece dice: "Marco o Mirko, l' ho visto solo quel giorno". Era presente nello stabile, chiedono quindi gli agenti. "Non ricordo - risponde - l' ultima volta che l' ho visto lì dentro era tre o qualche giorno prima della sua morte. () Non è stato Marco a dare il metadone a Desirée".
Poi però precisa di conoscere due persone, entrambe che si chiamano Marco.
Di un nordafricano di nome Samir invece il bulgaro è sicuro: "Quel giorno non c' era. Con lui poi ho commentato ciò che è successo. So che in questi giorni due italiani lo hanno menato".
Eppure un altro testimone fa proprio il nome di Samir tra coloro che tra il 17 e il 18 ebbero rapporti con la 16enne: "Ho saputo, - racconta una napoletana - che anche un uomo nordafricano, Samir, la mattina del 17 o 18, ha avuto rapporti sessuali con Desirée in cambio di droga". Le versioni fornite saranno vagliate dagli investigatori. Come pure le posizioni dei testimoni: c' è il rischio di un' accusa di favoreggiamento o omissione di soccorso.
Tra i frequentatori dello stabile c' era anche un ghanese di 35 anni. In passato ha visto Desirée dormire in quell' immobile abbandonato, dove lui stesso si era appisolato la sera della tragedia. Racconta: "Esortavo tutti a chiamare l' ambulanza, () Youssef mi bloccava dicendomi che la ragazza stava bene. () Nel frattempo Desirée era stata posta con le spalle appoggiate a una parete, Youssef ci stava parlando, scuotendola. Desirée faceva qualche verso con la bocca, non riuscendo a parlare bene.
() In ragione del fatto che la ragazza si era mossa () non insistevo a chiamare l' ambulanza, anche perché avevo paura che Youssef mi picchiasse, come già accaduto alcuni mesi addietro".
Che nella vita di Desirée fosse entrata la droga sembrano averlo capito anche i genitori. Agli agenti la madre fornisce i nomi della amiche, compresa una tale Giulia dove la figlia aveva detto di rimanere a dormire la sera della scomparsa.
Poi spiega anche di aver letto, ad agosto, dei messaggi di una tale Chiara. Invitava Desirée a Roma.
"Ho maturato la convinzione - dice la madre - che Chiara facesse uso di stupefacenti ed era ben addentrata nell' ambiente degli spacciatori".
Il papà invece non vedeva la figlia dal 17 agosto scorso. Quel giorno finisce ai domiciliari, perchè, racconta agli agenti il 23 ottobre scorso, ha violato l' ordine del giudice di stare a distanza dalla moglie.
L' uomo racconta anche di aver visto Desirée un giorno con in mano una bottiglia di vino: "Le toglievo di mano la bottiglia e la invitavo a seguirmi.
() In quel momento un gruppo di stranieri mi venivano contro allo scopo di trattenere con loro mia figlia. Io rompevo la bottiglia di vino per difendermi dal gruppo di giovani.
() Nell' infrangere la bottiglia mi procuravo una vistosa lesione alla mano destra".
E ancora: "La madre mi ha riferito di aver trovato in casa residui di carta stagnola combusta, probabilmente utilizzata per inalare o sciogliere la sostanza stupefacente".
"Una volta - continua il verbale - alle autolinee di Latina notavo Desirée avvicinarsi a un cittadino di colore, probabilmente intenta ad acquistare stupefacenti. () Anche in quella occasione riuscii a portarla a casa mia".
Quando poi trova un' altra bottiglia di vino, volano "con due schiaffi". La madre così lo manda via perchè, riferisce l' uomo, la figlia era rimasta delusa dal suo comportamento. "Visto che non mi rassegnavo, temendo peggiori conseguenze per mia figlia, allo scopo di intimorirmi chiamava il 113 che giungeva sul posto. Gli operatori sapendo che avevo il divieto di avvicinamento alla madre di Desirée inoltravano una segnalazione per aver contravvenuto alla disposizione del giudice e pochi giorni dopo venivo ristretto ai domiciliari". Da quel giorno, della figlia non ha avuto più notizie, fino a quando la figlia scompare da Cisterna di Latina.
3. DESIRÉE, LO STRAZIO DEL PAPÀ: «SFIDAI I PUSHER PER SALVARLA»
Alessia Marani e Camilla Mozzetti per “il Messaggero”
Aveva provato a strapparla a quel giro di droga e tossici già «due, tre mesi fa», lui che nel 2002 venne arrestato nell' operazione Bassotti perché ritenuto uno dei capi-bastone dello spaccio a Latina. Gianluca Zuncheddu, 38 anni, il papà di Desirée Mariottini, la sedicenne stuprata e lasciata morire dal branco di pusher nel covo di via dei Lucani, a San Lorenzo, si dispera di fronte ai poliziotti che lo ricevono negli uffici del commissariato San Lorenzo.
«Mi sono sempre interessato del mantenimento di mia figlia pur non avendola riconosciuta alla sua nascita», si sfoga l' uomo che racconta di come Desirée fosse «cambiata» all' improvviso. Di come la ragazza prima avesse regolarmente frequentato la scuola media «senza alcun tipo di problema» e come poi i guai fossero iniziati alle superiori.
I PRIMI GUAI
«Durante il primo anno all' Istituto agrario di Latina spiega il padre aveva letteralmente mutato il suo comportamento in famiglia e le sue abitudini di vita» tanto «da abbandonare gli studi» dopo essere stata bocciata. «Durante la sua frequenza a scuola aggiunge sono venuto a sapere che Desirée incontrava dei cittadini stranieri nella zona delle autolinee di Latina, luogo abituale di ritrovo per tossicodipendenti e spacciatori».
A quel punto Zuncheddu passa all' azione, deciso ad allontanarla a tutti i costi da quell' ambiente che lui conosceva fin troppo bene. «Due o tre mesi fa ricorda sono andato lì per vedere coi miei occhi chi frequentava mia figlia e per due volte l' ho trovata in compagnia di coetanei intenti a bivaccare e, in una di queste, l' ho sorpresa con una bottiglia di vino». Zuncheddu prova a portarla via, togliendole la bottiglia dalle mani.
Ma il gruppo di stranieri gli va incontro per riprendersi Desirée. Ne nasce un' accesa discussione: «Rompevo la bottiglia di vino per difendermi da quei giovani che forse erano tre o quattro». Ferito a una mano, Zuncheddu va a medicarsi, mentre la figlia spaventata per l' accaduto torna a casa della madre. Ed è proprio la mamma, Barbara, che confida all' ex compagno il timore che Desirée si drogasse.
«La madre racconta ancora l' uomo mi disse di avere trovato in casa residui di carta stagnola bruciata, probabilmente utilizzata per inalare o sciogliere la droga. Io stesso una volta tornando sempre alle autolinee di Latina avevo visto Desirée avvicinarsi a un cittadino di colore probabilmente per acquistare droga: in quella occasione mia figlia stringeva in mano 15 euro. Allora riuscii a portarla via con la forza». Episodi simili si sono ripetuti fino allo scorso agosto.
«Sempre Barbara si lamentava dei comportamenti di Desirée e della sua necessità di andare Latina a ogni costo», aggiunge Zuncheddu che, la sera del 17 agosto, decise di aspettarla al ritorno alla stazione di Cisterna di Latina.
GLI SCHIAFFI
Quella sera la sedicenne sarebbe dovuta rimanere a dormire a casa del padre e della compagna, per questo una volta scesa dall' autobus e salita in macchina, i tre vanno a casa di Barbara per prendere dei vestiti. «Mi ero accordato con la madre che mi sarei occupato per un po' di tempo di mia figlia».
Ma nello zainetto della ragazza Zuncheddu trova un' altra bottiglia di vino. Motivo per cui, dice agli agenti, «la colpivo al volto con due schiaffi». Giunti sotto casa di Barbara, la ragazza sale a prendere gli abiti ma il padre non la vede tornare. «Insospettito dal ritardo dice contattavo la madre chiedendole di convincere Desirée». Ma la donna non era in casa in quel momento. Arriva solo qualche minuto più tardi e, saputo dalla figlia che il padre l' aveva picchiata, gli dice di andare via.
«Visto però che non mi rassegnavo a lasciarla, Desirée per intimorirmi chiamò il 113 che arrivò subito. Poiché mi era vietato avvicinarmi alla madre di Desirée per un altro procedimento penale, dopo qualche giorno mi notificarono gli arresti domiciliari. Da quel momento conclude il padre non ho avuto più notizie di mia figlia». Fino a quando, la sera di venerdì 19 ottobre, Zuncheddu viene informato dalla polizia che la sedicenne era stata rinvenuta cadavere a Roma.
LA MORTE DI DESIREE MARIOTTINI VIA DEI LUCANIDESIREE MARIOTTINIDESIREE MARIOTTINI 7DESIREE MARIOTTINI 6DESIREE MARIOTTINI 4DESIREE MARIOTTINI 5DESIREE MARIOTTINIDESIREE MARIOTTINI 3LA MORTE DI DESIREE MARIOTTINI VIA DEI LUCANI
Nessun commento:
Posta un commento