NEW YORK — Elon Musk sfida Sam Altman, lanciando un’offerta ostile per prendere il controllo di OpenAI. Così però dimostra che i suoi interessi personali, e in questo caso il risentimento verso l’ex socio con cui voleva sviluppare l’intelligenza artificiale, minacciano di mettersi di traverso rispetto ai piani del presidente Trump. Uno dei primi atti del capo della Casa Bianca, infatti, era stato benedire l’iniziativa “Stargate” lanciata proprio da Altman, che con la collaborazione di SoftBank e Oracle punta a raccogliere 500 miliardi di dollari per costruire i centri dati indispensabili alla crescita della nuova tecnologia.

Secondo il Wall Street Journall’avvocato di Musk Marc Toberoff ha presentato ieri un’offerta da 97,4 miliardi di dollari al consiglio di amministrazione di OpenAI. Della cordata fanno parte anche investitori come Valor Equity Partners, Baron Capital, Atreides Management, Vy Capital e 8VC, una venture farm guidata dal cofondatore di Palantir Joe Lonsdale, amico e collaboratore di Musk e Peter Thiel. Anche Ari Emanuel, ceo della compagnia di Hollywood Endeavor, partecipa all’operazione. L’obiettivo, secondo la spiegazione di Toberoff, è in sostanza prendere il controllo della compagna che ha messo sul mercato ChatGPT, alzando il prezzo della sua componente non profit. E qui è necessario fare un passo indietro, per capire la genesi e l’obiettivo dell’assalto.

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Altman e Musk avevano fondato insieme OpenAI nel 2015 come organizzazione a scopo benefico. Il suo obiettivo non era fare soldi, ma sviluppare l’intelligenza artificiale in una maniera responsabile e utile all’umanità. I due ex soci però avevano litigato, proprio per la divergenza fondamentale sulla natura e gli obiettivi della compagnia che avevano fondato. Nel 2019 Elon aveva lasciato l’azienda e Sam era diventato il ceo, creando una sussidiaria non profit che aveva lo scopo di raccogliere soldi da Microsoft e altri investitori, interessati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, anche per competere con i progressi fatti dalla Cina in questo campo. Musk era quindi rimasto fuori dal progetto, infuriandosi, e aveva creato xAI per realizzare la nuova tecnologia a modo suo.

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Dopo lo scontro interno ad OpenAI avvenuto nei mesi scorsi, Altman ha ripreso il controllo, con lo scopo di trasformare la compagnia for profit, aiutato dall’investimento da 10 miliardi di dollari di Microsoft. Per completare questa operazione deve fare lo spin-off, lo scorporo della non profit. E qui si è inserito Musk. Con la sua offerta da 97 miliardi di dollari punta a comprare proprio la non profit che controlla OpenAI, alzandone il valore molto oltre le intenzioni di Altman, per deragliare la trasformazione dell’azienda a scopo di lucro di Sam.

Fin qui dunque è una storia di rivalità personale e imprenditoriale, che intreccia il risentimento tra i due alla visione divergente sul futuro dell’intelligenza artificiale. Il problema però è che con l’ascesa di Musk a braccio destro di Trump, e il ruolo centrale nella rivoluzione dello stato condotta attraverso il suo Department of Government Efficiency, questa sfida adesso coinvolge direttamente anche il capo della Casa Bianca. Altman è riuscito ad entrare nelle sue grazie, creando la cordata col ceo di SoftBank Masayoshi Son e quello di Oracle Larry Ellison, per investire 500 miliardi di dollari nelle infrastrutture per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Trump ha benedetto l’iniziativa, ma Musk ha risposto che Altman e soci non hanno i soldi e cerca di boicottarli, con l’offerta non sollecitata per OpenAI. Resta ora da vedere come la prenderà Trump. La risposta provocatoria di Altman all’ultima mossa dell’ex amico Elon non si è fatta attendere: «No grazie, ma compreremo Twitter per 9,74 miliardi di dollari se vuoi».