Euclid ha aperto gli occhi. Le prime foto dal telescopio spaziale Esa
Una cascata di diamanti più preziosa delle pietre preziose, è luce, che arriva dalle profondità dell’Universo. E non abbiamo ancora visto niente. L’Esa ha definito “mesmerizing”, “ipnotiche”, le prime immagini di Euclid, il telescopio spaziale europeo decollato il 1 luglio da Cape Canaveral per indagare la parte oscura dell’Universo. Sono solo test con una minima messa a punto, ma tutte quelle stelle e galassie che punteggiano il buio del cielo remoto sono già un gran bel vedere. Soprattutto, ed è quello che conta, testimoniano che gli strumenti funzionano a dovere ed entusiasmano gli scienziati.
È durato poco meno di un mese il viaggio di Euclid verso L2, il punto a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra dal quale, nei prossimi sei anni, scruterà il Cosmo per aiutarci a comprendere meglio la natura di materia ed energia oscura. Prima di iniziare a fare scienza sul serio però, accesi gli strumenti, bisogna calibrarli e assicurarsi che tutto funzioni a dovere. È iniziata la fase di “commissioning”, dunque, e tutto promette bene: "Dopo più di 11 anni di progettazione e sviluppo di Euclid, è esaltante ed estremamente emozionante vedere queste prime immagini - ha detto Giuseppe Racca, project manager di Euclid - è ancora più incredibile se pensiamo di vedere solo poche galassie qui, prodotte con una messa a punto minima del sistema. Quando Euclid sarà completamente calibrato, alla fine osserverà miliardi di galassie per creare la più grande mappa 3D mai vista del cielo".
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Il pregio di Euclid sarà, spiega l’Esa, la nitidezza delle immagini, “razor sharp”, affilate come un rasoio, soprattutto quelle in luce visibile scattate dallo strumento Vis, per apprezzare anche le più piccole distorsioni dovute alla presenza di materia oscura. Nelle foto divulgate oggi non c’è ancora questa precisione. Sono “graffiate” e sporcate dalle tracce lasciate raggi cosmici, non c’è la calibrazione definitiva e ci vorranno ancora un paio di mesi prima che Euclid cominci a investigare la natura di ciò che ci circonda, eppure l’entusiasmo è alle stelle: “Accendere uno strumento spaziale è un’esperienza unica: quando tutto era pronto, abbiamo inviato al satellite il comando di power-on e letteralmente abbiamo smesso di respirare fino a che, qualche secondo dopo, non abbiamo visto i primi dati di telemetria scorrere sullo schermo, riportando lo stato dello strumento in funzione. L’emozione è stata tanta e tra applausi e abbracci, ci siamo rimessi subito tutti al lavoro, consapevoli che questo è solo l’inizio dell’avventura” racconta Anna Di Giorgio dell’Inaf, che coordina le attività italiane per la missione Euclid finanziate dall’Asi.
Spettri di luce
C’è stata anche della suspance, al momento di accendere gli strumenti, addirittura momenti di “terrore”, quando gli scienziati hanno notato qualche raggio di luce in eccesso che contaminava le immagini di Vis. Euclid dà le spalle al Sole perché lo strumento Nisp, uno spettrografo a infrarosso, lavora a temperature molto basse. Ma evidentemente una qualche fessura ne lasciava entrare un po’. Trovata la causa, è bastato riorientare il telescopio e, in futuro, bisognerà evitare alcuni angoli: un imprevisto che alla fine ha dato “all’intera squadra l’opportunità di lavorare se possibile in modo ancora più coeso e motivato. Anche in questi casi la professionalità del personale italiano, sia i ricercatori che il team industriale, ha contribuito in modo decisivo a tenere la situazione sotto controllo e a definire possibili strategie risolutive”, ha commentato Di Giorgio.
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