L’inedito governo Lega-Cinquestelle ha agitato diversi detenuti mafiosi al 41 bis: e anche capi come i palermitani Cesare Carmelo Lupo, fedelissimo dei Graviano e Sandro Lo Piccolo. Uomini di Cosa nostra e della camorra imprecano contro il nuovo governo in generale e in particolare: quando apprendono dalla stampa che poteva farne parte Nino Di Matteo, uno dei pm del processo sulla Trattativa, pluriminacciato di morte.
Sono gli uomini del Gom, il Gruppo Operativo Mobile della polizia penitenziaria, come sempre, ad ascoltare i boss al 41 bis e a scrivere le relazioni. Riportano i commenti dei giorni in cui i ministri hanno già giurato al Quirinale e Camera e Senato devono votare la fiducia al governo.
Le relazioni saranno inviate dalla direttrice del carcere de L’Aquila Barbara Lenzini alla Direzione Generale Detenuti e Trattamento del Dap, guidata da Rino Piscitello, alla Direzione Nazionale Antimafia guidata da Federico Cafiero de Raho, alla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, alla Direzione Centrale del Gom con a capo il Generale Mauro D’Amico e al Nic, il Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria. Il Fatto ha potuto leggere quanto riportato nelle relazioni, frutto dell’ascolto degli agenti.

È il 3 giugno e nel carcere de L’Aquila parla un detenuto di Cosa Nostra al 41 bis (come tutti gli altri di cui riferiremo) Cesare Carmelo Lupo: “Appuntato, avete visto che come capo dipartimento (direttore del Dap, ndr) mettono a Di Matteo? Che vogliono fare? Stringerci ancora di più? Noi siamo già stretti, più di questo non possono fare”. Il boss non è uno qualsiasi, è stato reggente della cosca di Brancaccio, quella degli stragisti Giuseppe e Filippo Graviano. Come Giuseppe Graviano che ha lanciato messaggi dal carcere e al processo Dell’Utri, anche Lupo evidentemente vuole lanciare un messaggio all’esterno. Sa che l’appuntato ha l’obbligo di scrivere una relazione su quanto gli ha detto e quindi decide di commentare con lui un’indiscrezione di stampa sulla possibile nomina di Nino Di Matteo a direttore delle carceri.
Si preoccupa moltissimo di un paventato arrivo al Dap del dottor Di Matteo anche un camorrista, Ferdinando Autore, detenuto a L’Aquila. Il 3 giugno prende un ritaglio di giornale e commenta con uno dei cosiddetti compagni di socialità: “Questi ci vogliono di nuovo chiudere come i topi. Qui c’è scritto che vogliono fare Di Matteo capo delle carceri. Questi so’ pazziamma a’ fa ammuina (dobbiamo fare rumore, ndr)”.

In realtà Nino Di Matteo fino a quel momento non aveva ricevuto alcuna proposta dal neo ministro della Giustizia pentastellato Alfonso Bonafede. La riceverà qualche giorno dopo queste relazioni, anche se non sappiamo se il ministro ne avesse contezza. Ci risulta, però, che Bonafede propose a Di Matteo di dirigere il Dap ma nel giro di un paio di giorni cambiò idea. Infatti, ha nominato Francesco Basentini, procuratore aggiunto di Potenza, rimangiandosi la proposta fatta a Di Matteo.
Accade anche un fatto inquietante sul piano della sicurezza carceri: ancora il 3 giugno a L’Aquila, un detenuto, non identificato, dice: “Questi ora vogliono aprire Pianosa e ci faranno morire. Proviamo a chiedere un colloquio con il magistrato di Sorveglianza e parliamone con lui”. Il 4 giugno ben 51 detenuti al 41 bis effettivamente si sono registrati per avere quel colloquio. Quindi c’è stato un passaparola che – sulla carta – non potrebbe esserci fra detenuti al 41 bis ma che, in particolare a L’Aquila, avviene per serie carenze strutturali.

I mafiosi sembrano proprio temere M5s. Un altro commento di peso lo fa il capomafia Sandro Lo Piccolo, palermitano della cosca di San Lorenzo. È il 6 giugno, il boss guarda in Tv la diretta sul voto di fiducia alla Camera e mentre parla un deputato M5s (non viene indicato il nome) sbotta: “Siete dei vigliacchi, avete solo la mafia in testa, questi ci toglieranno pure la liberazione anticipata”. Strano per un condannato all’ergastolo ostativo, osservano gli addetti ai lavori: sembra un messaggio da far arrivare ad altri.
Commenta anche Giuseppe Guarino del clan siracusano Bottaro-Attanasio: “Pezzi di merda, mafia e solo mafia, non hanno altri argomenti, non hanno capito che se ci toccano, altro che proteste vedranno”. Due giorni dopo, l’8 giugno, ma nel carcere di Novara parla Salvatore Massimiliano Salvo, del clan catanese Cappello-Bonaccorsi: “Pasquà (il suo compagno di socialità, ndr) hai sentito? Avvocati e magistrati sono arrabbiati per questo Bonafede”. Come dire, secondo alcuni inquirenti, che se il ministro non sta bene agli avvocati, legittimamente anche loro difensori, non può star bene neppure ai mafiosi.