1. COME MAI IL VACCINO ANTI-COVID PIÙ AVANZATO DEL MONDO, SVILUPPATO DA JENNER INSTITUTE DELLA OXFORD UNIVERSITY E LA SOCIETÀ IRBM DI POMEZIA, VERRÀ PRODOTTO E DISTRIBUITO IN ESCLUSIVA DALLA MULTINAZIONALE BRITANNICA ASTRAZENECA E NON DA UNA AZIENDA ITALIANA? QUINDI COSTRETTI A PREGARE BORIS JOHNSON DI DARCI QUALCHE DOSE?
2. SEMPLICE, E TRAGICO CAPITOLO DELLA MALASANITA' ITALIANA: L’IRBM DI PIERO DI LORENZO HA CERCATO INVANO DI CONVINCERE IL GOVERNO DI CONTE, BUSSANDO ALLA CDP-PRIVATE EQUITY, AD ENTRARE FRA I FINANZIATORI DEL PROGETTO. LONDRA NON HA AVUTO NESSUN TENTENNAMENTO A FINANZIARE CON 20 MILIONI LA RICERCA ITALO-INGLESE. RISULTATO FINALE? ORA PER UNA DOSE DI VACCINO DOBBIAMO SGANCIARE SOLDI ALL’ASTRAZENECA BRITANNICA...
DAGOREPORT
Come mai il vaccino anti-Covid più avanzato del mondo, sviluppato da una partnership tra lo Jenner Institute della Oxford University e la società IRBM di Pomezia, verrà prodotto e distribuito in esclusiva dalla multinazionale britannica AstraZeneca e non da una azienda italiana? E noi saremo costretti a pregare Boris Johnson di darci qualche dose?
Semplice, e tragico: quando l’IRBM di Piero di Lorenzo ha cercato di convincere il governo di Conte ad entrare fra i finanziatori del progetto per portare a termine la ricerca per il vaccino, l’importanza della proposta è stata ''sottovalutata'' (eufemismo per dire che il premier e il ministro Sperranza non l'ha nemmeno ricevuto).
E dopo due mesi di inutili tentativi con CDP Private Equity, la società di Pomezia, che non avrebbe comunque preso un euro dall’intervento finanziario dello Stato italiano, essendo interamente destinato alle casse della Oxford University, ha dovuto lasciare campo libero al governo di Boris Johnson.
Alla delusione si è aggiunta la mortificazione: un finanziamento governativo di 10 milioni per lo sviluppo del vaccino anti-Covid finiva nella cassa della Reithera, azienda svizzera con sede a Castel Romano, cara alla direttrice dell'ospedale Spallanzani e all’Assessore alla Salute della Regione Lazio. Poi seguiremo i risultati...
Il dicastero della Sanità britannico, invece, non ha avuto nessun tentennamento a finanziare con la somma di 20 milioni la ricerca italo-inglese Jenner-IRBM. Risultato finale? Ora la produzione e la distribuzione globale del vaccino è nelle mani dell’AstraZeneca britannica.
Naturalmente adesso il ministro dell’università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, quota PD, e la presidenza di Palazzo Chigi sono in contatto con la società di Pomezia per riservare una parte della produzione del vaccino al nostro paese ma accorrerà sganciare tanti soldi...
2. CORONAVIRUS, IL PRESIDENTE IRBM DI POMEZIA: «IL VACCINO? GIÀ INVIATE A OXFORD CENTINAIA DI DOSI PER I TEST»
Marco Pasqua per Il Messaggero
Il presidente della biotech Irbm: "A giugno, se la prima fase di test su 500 volontari sani darà esiti positivi, inizierà la fase ulteriore su 5000 soggetti". Alla collaborazione italo-inglese si aggiunge AstraZeneca, che si occuperà della produzione e distribuzione
Se lo sono chiesto in molti: perché il "Jenner Institute" della Oxford University, ha scelto una società di Pomezia per lavorare al vaccino contro il Coronavirus? A spiegarlo è il presidente e amministratore delegato della IRBM, Piero Di Lorenzo, l'azienda che ha già inviato centinaia di dosi per i test sui macachi prima e sull'uomo, adesso.
«Con la Oxford University lavoriamo da 10 anni: è un'eccellenza, a livello mondiale, che ha già studiato la Sars. Si sono rivolti a noi per l'esperienza acquisita con l'adenovirus, un virus influenzale, impiegato depotenziato per trasportare il gene Spike sintetizzato del SarsCov2 nell'organismo umano».
Come se fosse un “cavallo di Troia”, quando l'adenovirus “trasportatore” entra nell'organismo, quest'ultimo reagisce e crea anticorpi. «Inoltre – ricorda Di Lorenzo – nei nostri laboratori a Pomezia è stato prodotto il vaccino anti-ebola».
L'Irbm è una società italiana, fondata nel 2009 a Pomezia, specializzata nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica. È proprio in questi laboratori che i ricercatori hanno messo a punto il vaccino italiano anti-ebola, il cui brevetto è stato acquistato nel 2013 dalla società britannica Gsk.
Centrale, nel vaccino contro il Coronavirus, il ruolo della multinazionale farmaceutica Astrazeneca, che nei giorni scorsi ha annunciato di essere pronta a lanciare e fornire fino a 100 milioni di dosi entro la fine dell'anno: a lei toccherà il compito di pianificare questa produzione.
«La capacità di produzione attuale è tra i 100 e i 200 milioni di dosi l'anno – spiega Di Lorenzo – ma la richiesta sarà pari a miliardi di dosi. La decisione sulle modalità di distribuzione del vaccino toccherà ai diversi governi». Quanto ai tempi, il presidente di IRBM, spiega che, dopo i test positivi sui macachi, sono iniziati quelli sull'uomo: in particolare su 510 volontari.
«Per fortuna non c'è reazione per adesso – dice Di Lorenzo – I test sono iniziati da giorni ed è prematuro fare qualunque considerazione: bisogna aspettare le evidenze scientifiche, che arriveranno a settembre. Poi, nel giro di pochi mesi, con Astrazeneca, potremo avere una prima produzione».
Di Lorenzo evidenzia che il Coronavirus è una “brutta bestia”: «E' molto contagioso. Si propaga in maniera incredibile, molto più delle altre malattie virali che abbiamo testato e vissuto. E sarà una brutta bestia almeno fino a quando non ci sarà un vaccino e una terapia specifica».
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