Pedofilia, svolta storica: papa Francesco abolisce il segreto pontificio
Bergoglio ha anche stabilito che il reato pedopornografia sussiste fino a quando i soggetti hanno 18 anni e non più 14
CITTA' DEL VATICANO - Una svolta storica. Con due documenti Francesco abolisce il segreto pontificio nei casi di violenza sessuale e di abuso sui minori commessi dai chierici, e decide, insieme, di cambiare la norma riguardante il delitto di pedopornografia facendo ricadere nella fattispecie dei “delicta graviora” - i delitti più gravi - la detenzione e la diffusione di immagini pornografiche che coinvolgano minori fino all’età di 18 anni.
È trascorso meno di un anno dal summit sugli abusi convocato per la prima volta dal Papa in Vaticano. In quell’occasione furono soprattutto le vittime a dire la loro e, alcune, a uscire con l’amaro in bocca per decisioni drastiche ancora non prese. Oggi è a loro che la Santa Sede di fatto guarda, con un cambio di passo che, come spiega il direttore editoriale di Vatican News Andrea Tornielli, è proprio “frutto” di quel summit. I due documenti, infatti, comportano, spiega ancora Tornielli “che le denunce, le testimonianze e i documenti processuali relativi ai casi di abuso conservati negli archivi dei Dicasteri vaticani come pure quelli che si trovano negli archivi delle diocesi, e che fino ad oggi erano sottoposti al segreto pontificio, potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiedano. Un segno di apertura, di disponibilità, di trasparenza, di collaborazione con le autorità civili”.
Il primo e più importante documento è un rescritto a firma del cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin. Dice che il Papa il 4 dicembre scorso ha disposto di abolire il segreto pontificio sulle denunce, i processi e le decisioni riguardanti i delitti citati nel primo articolo del recente motu proprio “Vos estis lux mundi”, vale a dire: i casi di violenza e di atti sessuali compiuti sotto minaccia o abuso di autorità; i casi di abuso sui minori e su persone vulnerabili; i casi di pedopornografia; i casi di mancata denuncia e copertura degli abusatori da parte dei vescovi e dei superiori generali degli istituti religiosi.
La nuova istruzione specifica anche che le “informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza” stabiliti dal Codice di Diritto canonico per tutelare “la buona fama, l’immagine e la sfera privata” delle persone coinvolte. Ma questo ‘segreto d’ufficio’, si legge ancora nell’istruzione, “non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali”, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, “nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili”. Inoltre, a chi effettua la segnalazione, a chi è vittima e ai testimoni “non può essere imposto alcun vincolo di silenzio” sui fatti.
Con il secondo rescritto firmato da Parolin e dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, vengono rese note le modifiche di tre articoli del motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (del 2001, già modificato nel 2010). Si stabilisce che ricada tra i delitti più gravi riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede “l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento”. Fino ad oggi quel limite era fissato a 14 anni.
In un altro articolo si permette che nei casi riguardanti questi delitti più gravi possano svolgere il ruolo di “avvocato e procuratore” anche fedeli laici provvisti di dottorato in Diritto canonico e non più soltanto sacerdoti.
Il rescritto papale ovviamente non cambia il segreto della confessione che rimane. E nemmeno comporta la pubblicazione e la divulgazione dei documenti dei processi. La riservatezza per le vittime e per i testimoni è infatti sempre tutelata. “Ma ora – scrive ancora Tornielli – la documentazione dovrà essere messa a disposizione delle autorità civili per le indagini riguardanti i casi già interessati da un procedimento canonico”.
È trascorso meno di un anno dal summit sugli abusi convocato per la prima volta dal Papa in Vaticano. In quell’occasione furono soprattutto le vittime a dire la loro e, alcune, a uscire con l’amaro in bocca per decisioni drastiche ancora non prese. Oggi è a loro che la Santa Sede di fatto guarda, con un cambio di passo che, come spiega il direttore editoriale di Vatican News Andrea Tornielli, è proprio “frutto” di quel summit. I due documenti, infatti, comportano, spiega ancora Tornielli “che le denunce, le testimonianze e i documenti processuali relativi ai casi di abuso conservati negli archivi dei Dicasteri vaticani come pure quelli che si trovano negli archivi delle diocesi, e che fino ad oggi erano sottoposti al segreto pontificio, potranno essere consegnati ai magistrati inquirenti dei rispettivi Paesi che li richiedano. Un segno di apertura, di disponibilità, di trasparenza, di collaborazione con le autorità civili”.
La nuova istruzione specifica anche che le “informazioni sono trattate in modo da garantirne la sicurezza, l’integrità e la riservatezza” stabiliti dal Codice di Diritto canonico per tutelare “la buona fama, l’immagine e la sfera privata” delle persone coinvolte. Ma questo ‘segreto d’ufficio’, si legge ancora nell’istruzione, “non osta all’adempimento degli obblighi stabiliti in ogni luogo dalle leggi statali”, compresi gli eventuali obblighi di segnalazione, “nonché all’esecuzione delle richieste esecutive delle autorità giudiziarie civili”. Inoltre, a chi effettua la segnalazione, a chi è vittima e ai testimoni “non può essere imposto alcun vincolo di silenzio” sui fatti.
Con il secondo rescritto firmato da Parolin e dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Luis Ladaria Ferrer, vengono rese note le modifiche di tre articoli del motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (del 2001, già modificato nel 2010). Si stabilisce che ricada tra i delitti più gravi riservati al giudizio della Congregazione per la dottrina della fede “l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento”. Fino ad oggi quel limite era fissato a 14 anni.
In un altro articolo si permette che nei casi riguardanti questi delitti più gravi possano svolgere il ruolo di “avvocato e procuratore” anche fedeli laici provvisti di dottorato in Diritto canonico e non più soltanto sacerdoti.
Il rescritto papale ovviamente non cambia il segreto della confessione che rimane. E nemmeno comporta la pubblicazione e la divulgazione dei documenti dei processi. La riservatezza per le vittime e per i testimoni è infatti sempre tutelata. “Ma ora – scrive ancora Tornielli – la documentazione dovrà essere messa a disposizione delle autorità civili per le indagini riguardanti i casi già interessati da un procedimento canonico”.
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