Strage di Capaci, due nuovi indagati. Il pentito: “Per uccidere Falcone c’era anche l’artificiere del boss Usa John Gotti”
I due nuovi indagati sono il pentito catanese Maurizio Avola, sicario di Cosa nostra, e del boss Marcello D’Agata, uno dei luogotenenti di maggiore fiducia dello storico capomafia Benedetto Santapaola. Davanti ai pm della procura di Caltanissetta Avola si è autoaccusato di avere avuto un ruolo nella fase preparatoria dell’attentato
Ventisette anni dopo ci sono due nuovi indagati per la strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta. Si tratta del pentito catanese Maurizio Avola, sicario di Cosa nostra, e del boss Marcello D’Agata, uno dei luogotenenti di maggiore fiducia dello storico capomafia Benedetto Santapaola. A indagare è la procura di Caltanissetta, l’ufficio giudiziario competente delle indagini sulla strage. La notizia riportata dal quotidiano Repubblicaviene confermata da fonti giudiziarie all’agenzia Ansa.
I verbali degli interrogatori di Avola sono stati depositati nel fascicolo del processo ‘Capaci bis‘ attualmente in corso a Caltanissetta. Avola si è autoaccusato di avere avuto un ruolo nella fase preparatoria dell’attentato: nei mesi precedenti alla strage di Capaci, sostiene di aver trasportato detonatori e tritolo a Termini Imerese, mettendoli a disposizione di Cosa nostra di Palermo. Con lui c’era anche D’Agata. Ma non solo. Perché ai magistrati, guidati dal procuratore Amedeo Bertone, il pentito ha rivelato di un ruolo avuto dalla mafia americana nell’attentato: agli inizi del 1992 avrebbe conosciuto un artificiere statunitense esperto in esplosivi inviato in Sicilia dal boss John Gotti. Dopo diversi interrogatori, che si sono protratti nel tempo, Avola avrebbe prima parlato in maniera non precisa “dell’inviato americano”, poi lo avrebbe identificato fornendone un identikit.
Maurizio Avola, 47 anni, è considerato uno dei sicari più sanguinari della cosca Santapaola che si è accusato di circa 50 omicidi, compreso quello del giornalista Pippo Fava ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984 a Catania. Nel marzo scorso ha dato nuovo imput all’inchiesta della Dda di Reggio Calabria sull’omicidio di Antonio Scopelliti: dietro l’uccisione del giudice ci sarebbe stata un’alleanza mafia-‘ndrangheta. Arrestato nel novembre del 1993 nell’ambito della maxi operazione Orsa Maggiore contro la ‘famiglia Santapaola, Maurizio Avola collabora con la giustizia dal marzo del 1994.
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