
"LA NOTTE A MILANO SI BALLA, SI LITIGA E SI PIPPA" - UNA EX "MARANZINA" 16ENNE DI ORIGINI MAROCCHINE, ORA IN COMUNITA' DOPO AVER ACCOLTELLATO UNA SUA COMPAGNA, RACCONTA LE NOTTI DI SBALLO E DEGRADO IN CITTA': "QUALCUNO TENTA LO SCIPPO. ALTRI SI INFILANO NEI BAGNI DELLA STAZIONE PER FARSI. L'HASHISH LO FUMI PER COMINCIARE. POI PRENDI LA 'LYRICA' (UN ANTIEPILETTICO), CHE TI CALMA. QUELLO CHE PREFERIVO? IL 'RIVOTRIL' (UN ANTIDEPRESSIVO): LO SNIFFI O LO PRENDI CON L’ALCOL. SI VA ALLA STAZIONE CENTRALE, SUI NAVIGLI O IN CORSO COMO PER CONTINUARE CON GLI 'AFTER', FINCHÉ NON SAI PIÙ NEMMENO DOVE SEI" - "COME PAGO? SPESSO COL CORPO IN UNA MACCHINA CON I VETRI NERI O NEI VICOLI"
Estratto dell'articolo di Allegra Ferrante per www.corriere.it
Per mesi è stata una presenza fissa nelle notti di Garibaldi e Centrale: una maranzina doc. Droghe a portata di mano, alcol economico rubato nei market, scambi con gli spacciatori. E autolesionismo come rito di liberazione. Alle otto del mattino, nel cortile di una scuola dell’hinterland, una lite, un coltello da cucina nello zaino tarocco, un colpo al fianco della compagna di classe.
La Procura dei minori apre un fascicolo, i servizi sociali la prendono in carico, viene collocata in comunità. Ha sedici anni, extension sintetiche ai capelli, le mani che tremano quando accende una sigaretta. […]
Che cosa è successo quella sera?
«Non lo so nemmeno io. Avevo dormito due ore. Ero stanca, fatta. “Ecco la tossica di Garibaldi”, mi ha detto. Quando ho visto il sangue sul pavimento, non ho sentito niente. Né paura, né colpa. Ridevo senza sapere perché».
Che cos’è Garibaldi?
«Una casa storta. Ci arrivavo in treno con le amiche. All’inizio ti sembra divertente: le luci, la musica, le rapine. Ti senti dentro una cosa grande. Ma è un mercato: chi offre, chi compra, chi guarda.
Ti passa accanto un tipo con lo zaino pieno di pasticche, un altro ti afferra per la schiena, anche se dici no. Il mio ex mi chiedeva di nascondergli la lama in borsa. Le ragazze servono a qualcosa, sempre. E quando non funzioni più, sparisci».
Come si trascorrono le serate?
«Sempre in mezzo allo stesso odore: zucchero bruciato. Ci si trova al Mc Donald’s della stazione. Si fa la conta delle guardie (i militari che sorvegliano la zona, ndr). Videochiamate al Beccaria. Ogni tanto vai su, in Gae Aulenti: si balla, si litiga, si pippa. Qualcuno tenta lo scippo: telefonini sfilati di mano, portafogli strappati dalle tasche. Altri si infilano nei bagni della stazione per farsi. Verso le due si cambia zona: Centrale, Navigli, Corso Como. Lì continuano gli after, finché non sai più nemmeno dove sei».
Quali droghe girano?
«Il “menu base” è fumo, polvere e antidepressivi. Lo zatla (hashish, ndr), lo fumi per cominciare. Poi arriva la Lyrica (farmaco antiepilettico, ndr), che ti calma. Quello che preferivo era il Rivotril (benzodiazepina, ndr): lo sniffi o lo prendi con l’alcol.
Ti sballa forte e dormi due giorni. E poi c’è il crack. Lo cucinano lì: cucchiaino, accendino, bicarbonato, cocaina. Una boccata e il cervello che brucia. Ti svegli sudata, tachicardia, e vuoi rifarlo. “Meglio questo che il vuoto”, pensavo».
Con che soldi si compra?
«A volte con i contanti scuciti prima, più spesso col corpo. Ti dicono “Poi mi ripaghi”, e lo capisci da sola cosa vuol dire. Dietro la stazione, in una macchina con i vetri neri o nei vicoli di via Tocqueville. Una dose, dieci minuti, quaranta euro. O nei bar di Porta Venezia: le nuv (le ragazze nuove tra i maranza, ndr) vanno per la maggiore: adescate con un “Stai tranquilla, ti proteggo io”. Sei carne in mezzo a predatori».
Come si regge?
«Ti fai per non pensare, bevi per restare in piedi, ma non basta mai. Mi tagliavo caviglie, braccia, pancia. Chiudevo gli occhi e avevo incubi: mani ovunque, urla, il mio respiro corto. Dovevo punirmi. Mi aiutava a respirare, a sentire qualcosa. “Scollata”, dice la mia educatrice».
Perché ci si arriva?
notti milano con l'incubo maranza
«Nasci dentro il casino. “Sei cattiva come lui” è la frase che mia madre ripeteva. Mio padre? Non l’ho mai conosciuto davvero: sapevo soltanto che stava in galera. Dicevano che fosse bello e pericoloso; una volta, prima che lo arrestassero, le aveva rotto due costole e le aveva spaccato un piatto in testa.
La mama (mia madre, in marocchino, ndr) lavorava fino a tardi, cuciva di notte, poi tornava a casa con gli occhi gonfi e non parlava. Io scappavo, uscivo e non tornavo. Pensavo che fosse tutta colpa mia». […]















